Dalla Tavola di Vrancke Van der Stockt al Silenzio di Dio di Benedetto Poma, il passo è breve. Un incontro fortunato fra la celeberrima opera fiamminga Il Trono di Grazia — oggi custodita al Museo Diocesano di Caltagirone — e il maestro Poma che ne trae ispirazione per Il Silenzio di Dio.
Ne nasce, quasi come una logica conseguenza l’opera ultima, solo in ordine di tempo dell’artista catanese. Il Silenzio di Dio è quasi l’alter ego (se si vuole azzardare il termine), la parola successiva, del Trono di Grazia e non una mera ripresa di essa stessa.
Dal trono in cui siede glorioso nella Tavola di Van der Stockt, Dio adesso, nell’opera di Poma si ritrae, arretra, sparisce, non è più a reggere quel figlio appena sacrificato per il mondo. Tace Dio, nel fragore di un mondo scomposto, impazzito, ma la sua corona regale è lì sospesa a ricordare la sua eterna maestà e misericordia. La corona di Dio che si contrappone alla corona di spine di Cristo, corona del patimento ed emblema del potere salvifico scaturito dal sacrificio.
Da questa meravigliosa conversazione senza tempo le due opere s’incontrano formando un ponte immaginario fra ieri e oggi, tra il mondo com’era e com’è. Da tutto ciò nasce l’idea di incorniciare il Silenzio di Dio con una antologica sulla lunga carriera del maestro Poma. Attraverso l’esposizione di alcune delle opere più rappresentative al fine di accompagnare lo spettatore alla conoscenza dell’incredibile parabola artistica di uno dei più significativi artisti del nostro panorama culturale.
Carmen Bellalba