Ariano Irpino. Mons. Melillo e i sacerdoti: ognuno si senta voluto bene

Ariano Irpino. Mons. Melillo e i sacerdoti: ognuno si senta voluto bene

Cari fedeli, vi scriviamo queste parole – vescovo e sacerdoti insieme – portando nel cuore il volto di ciascuno di voi. Conosciamo i vostri nomi, le case, le storie, le preoccupazioni e le attese, in questi giorni le ripercorriamo continuamente parlando al Signore di ciascuno di voi. Sentitevi ricordati quotidianamente per nome, nella preghiera dei vostri parroci e del vostro vescovo; sentitevi abbracciati nel segno di croce che tracciamo a benedirvi, pur da lontano; sentitevi voluti bene e oggetto della nostra paterna premura, oggi più che mai.
Sì, sentitevi voluti bene dai vostri pastori! Avvertiamo il bisogno di dirvelo proprio oggi, in questa festa di San Giuseppe, che, per certi versi, può dirci tanto in questo momento a cui siamo “chiamati” a vivere.
Giuseppe, infatti, è stato portato da Dio a cambiare i suoi progetti personali, a far saltare – se così si può dire – la sua agenda umana. Aveva sogni, piani, programmi, e Dio gli chiede di mettere tutto da parte. E così San Giuseppe diventa per noi, un maestro nella rinuncia ai piani, senza ribellioni, ma con fiducia, per far spazio ad un imprevisto in cui sta a noi scoprire cosa la Provvidenza ci chiede.
Giuseppe è uomo della vita interiore: nel Vangelo non troviamo alcuna traccia di dialogo tra Gesù e Giuseppe, come se non ci fosse bisogno di parlare tra i due. Questo perché la loro relazione è così familiare e profonda tanto da essere una cosa sola.
Egli diventa per noi maestro di vita interiore, di una preghiera “più lenta” che sprofondi un po’ di più nel silenzio e che si traduca in uno sguardo prolungato tra noi e il Signore crocifisso, e poi risorto.
Giuseppe, infine, è colui a cui Dio ha scelto di affidare tutto – il Figlio Gesù, la madre Maria, la Chiesa, e dunque ciascuno di noi – affinché eserciti la sua custodia su tutto: lo Sposo di Maria diventa il maestro di relazioni autentiche per noi. Anche noi siamo chiamati a preservare il dono che Dio ci ha fatto.
In questo tempo – malgrado lontani dalla pienezza della vita liturgica – custodiamo i nostri fratelli, curando relazioni che ci rendano “più prossimi” anche in questo frangente, utilizzando i nuovi strumenti tecnologici (come, ad esempio, i social network) e, vivendo la carità – che è pazienza, perdono e comprensione reciproca – più di quanto non sia necessario in altri momenti.
Cari fedeli, il mandato che San Giuseppe ha ricevuto da Dio lo vincola per sempre e, di certo non viene meno proprio ora: come ha custodito il figlio Gesù e la sposa Maria, così egli continua a custodire la Chiesa, il suo popolo e ciascuno di noi. Nel nostro piccolo, anche il vostro vescovo e i vostri sacerdoti vi custodiscono nel loro affetto, nella loro preghiera, nella loro vicinanza nei modi possibili dell’attuale congiuntura. Vi chiedo di fare altrettanto custodendo noi con la preghiera; non venga meno il senso di appartenenza ad un’unica famiglia, in cui ciascuno ha bisogno dell’aiuto dell’altro: i nostri ammalati negli ospedali, gli anziani, i giovani, la città di Ariano, le parrocchie, i paesi della diocesi, i medici, gli operatori sanitari, i fratelli detenuti e tutte quelle persone che nelle istituzioni hanno la responsabilità di custodire la comunità.
Vi benediciamo, e la nostra benedizione è dire bene di ciascuno di voi a Dio, perché Egli si ricordi di tutti. Lo Sposo della Vergine Maria, il Padre putativo di Gesù, ci custodisca tutti.