Bari. Mons. Cacucci, la medicina della preghiera, del digiuno e della carità

Bari. Mons. Cacucci, la medicina della preghiera, del digiuno e della carità

Carissimi, stiamo vivendo quest’anno la Quaresima in “quarantena”. Il numero quaranta racchiude in sé tappe significative della storia della salvezza, che possono illuminarci in questi giorni dolorosi che stiamo vivendo a motivo del coronavirus.
Durante il diluvio «cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti» (Gen 7,12). Prima di ricevere le tavole della Legge, «Mosè rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare e senza bere acqua» (Es 34,28). Quarant’anni dura il cammino del popolo di Israele attraverso il deserto. Ma la Quaresima proietta una luce inedita anche sui quaranta giorni e le quaranta notti trascorsi da Gesù nel deserto. E può insegnarci ad attraversare il difficile deserto di questi giorni, perché con Gesù capofila, sappiamo superare ogni tentazione di scoraggiamento, e camminare verso la luce pasquale.

È questa la medicina spirituale che la Chiesa ha sperimentato da secoli e che anche in questi giorni di prova ci ripropone: l’ascolto della Parola e la preghiera, il digiuno, la carità.

  1. L’ascolto della parola e la preghiera

Il deserto è il luogo della tentazione, ma anche il luogo della Parola (la radice di deserto deriva dall’ebraico dabar, che significa parola).
Siamo invitati a riscoprire quanto ci ha insegnato il Concilio Vaticano II: la liturgia, pur essendo «il culmine e la fonte» della vita della Chiesa, non ne «esaurisce tutta l’attività». Ritorna l’esortazione del caro arcivescovo Mons. Magrassi: «più Messa, meno Messe». Questa Quaresima è per noi il tempo di riscoprire che «preghiera» non è solo Messa, ma che proprio perché la celebrazione eucaristica sia feconda, è necessario nutrirsi della lettura e della meditazione della Sacra Scrittura.

  1. Il digiuno

Piuttosto che subire il «digiuno» da tante cose da noi ritenute fondamentali, questa quarantena” quaresimale ci offre l’opportunità di riscoprire le cose veramente essenziali, abbandonando ciò che è superfluo. Ci permette di fare più spazio a Dio e di considerare più consapevolmente la fragilità della nostra esistenza. Anche il digiuno eucaristico, non sconosciuto nella tradizione cristiana (perché la Messa trasmessa per televisione, pur buona, non ci rende partecipi sacramentalmente), può accrescere il desiderio di partecipare alla celebrazione liturgica domenicale.

  1. La carità

Per amare concretamente dobbiamo essere pronti a condividere anche i beni. La nostra Caritas diocesana, le Caritas parrocchiali sono disponibili, tra l’altro, attraverso i centri di ascolto, le mense, il centro di accoglienza. Raccomando di rispettare pienamente le disposizioni governative; ognuno scopra rivoli di carità sempre nuovi. È atto di carità verso i più deboli e i più esposti, essere obbedienti alle disposizioni, rimanendo a casa.

Preghiera, digiuno, elemosina (carità). La comunità cristiana, fin dalle origini ha cercato di vivere così il vangelo. Sono i tre mezzi per vivere la nuova giustizia che Gesù chiede (cf. Mt 6, 1-18).
Questo ci fa rinascere all’amore, amando Dio con tutto il cuore (preghiera), con tutta l’anima (digiuno), con tutte le forze (carità, elemosina).

Così, pur provati nel deserto quaresimale di questi giorni, giungeremo a celebrare più lietamente la Pasqua di Risurrezione e sperimenteremo di aver percorso un cammino per essere sempre più un cuor solo, un’anima sola, mettendo in comune non solo i beni, ma la nostra stessa vita.