In questi giorni sappiamo che il governo sta definendo il piano di riapertura delle attività bloccate a seguito dell’emergenza della pandemia provocata dal Covid-19 e da indiscrezioni sembra che i primi a ripartire saranno le imprese impegnate nel commercio all’ingrosso, nelle costruzioni e nel settore delle manifatturiere; mentre ancora in bilico la situazione per bar, ristoranti e cinema che potrebbero riprendere l’attività successivamente.
Per quanto riguarda il settore del gioco, a quanto appreso da Agimeg, ci potrebbe essere prima il via libera per Lotto e SuperEnalotto a inizio maggio nelle tabaccherie; a seguire le sale scommesse che potrebbero seguire l’iter previsto per i bar e quindi essere riaperte a metà maggio.
Secondo altri fonti, forte è la pressione delle multinazionali dell’azzardo per la riapertura immediate delle loro attività tra slot machine e “biglietti mangiasoldi”, perché questa “non industria” del profitto deve al più presto recuperare i mancati introiti del periodo di chiusura. A loro non interessa la comunità nazionale che esce travagliata socialmente, spiritualmente ed economicamente da questa lunga emergenza, ma esclusivamente il proprio tornaconto finanziario anche se a danno dei più poveri. Si, perché saranno loro per primi a gettarsi nelle grinfie della fortuna nella speranza di ottenere un sollievo che purtroppo è e rimarrà una pura illusione.
Infatti, l’Italia è un Paese in overdose da gioco, capace nell’ultimo ventennio di incrementare il numero delle giocate del 750%, arrivando a sfiorare i 107 miliardi di euro nel 2018, equivalente al 6% del PIL nazionale con il 10% della spesa delle famiglie italiane.
Dietro a questo caleidoscopio di slot machine, “gratta e vinci” e lotterie si nasconde l’inferno delle dipendenze patologiche, la rovina di intere famiglie, la perdita della dignità e del lavoro di chi ne è vittima.
Vogliamo uno Stato capace di valutare con attenzione il bene dei cittadini. Capace di prendere atto delle conseguenze causate dalla scellerata liberalizzazione del settore, con la giustificazione di limitare il gioco illegale. È ormai risaputo che il vero interesse è la possibilità di incassare ingenti introiti fiscali per l’Erario, visto che il gioco illegale non è diminuito.
Non vogliamo uno Stato biscazziere, che pur di raccogliere circa 10,4 miliardi di tasse derivanti dalle scommesse, non si accorge che ci sono 2,5 milioni di persone a rischio dipendenza, 1,5 milioni di giocatori patologici, di cui 700.000 minorenni e una spesa sanitaria di 5-6 miliardi l’anno per la cura dalla patologia da gioco d’azzardo.
Non vogliamo uno Stato che, dopo la crisi più grave dal dopoguerra, purtroppo tuttora in essere, muova i primi passi della ripartenza proprio dall’azzardo, prima ancora di far ripartire le attività produttive essenziali, quelle che fanno crescere davvero il paese, la manifattura, i teatri, le biblioteche, i negozi, le scuole. Questo è il tempo di contenere e limitare fortemente la piaga dell’azzardo che, l’unica cosa che produce è illusioni, indebitamento, usura, disgregazione sociale, depressione e disperazione. Non c’è nessuna ragionevole giustificazione alla follia di investire miliardi in redditi di cittadinanza o di emergenza e poi lasciare che i poveri diventino ancora più indigenti a causa di una dipendenza patologica che, mentre lo Stato favorisce, è lo stesso Servizio Sanitario Nazionale a riconoscere come una malattia.
Come Caritas Diocesana di Gaeta ci uniamo al coro numeroso delle altre voci sagge e sane del nostro Paese per chiedere, con insistenza, al Governo e a tutte le forze politiche del Parlamento di compiere un atto di coraggio e un gesto di umanità nel rinunciare agli introiti erariali dell’azzardo, di opporsi fermamente alle richieste pressanti delle lobby della “non industria” dei cosiddetti giochi. Forse, in questa forzata astenia dal gioco, molti dipendenti patologici possono trovare la forza e la volontà di voltare pagina e riprendere la pienezza di vita come tutte le persone sane; non li ributtiamo nel baratro della dipendenza.