“Mentre attendiamo con pazienza questa ‘fase due’, lasciamoci interrogare dalla condizione di chi accanto a noi fa più fatica”.
“Con che passo vorremmo riprendere il cammino?”. Se lo chiede don Ivan Maffeis, sottosegretario e portavoce della Cei, che mette in guardia dal rischio “di camminare, magari di correre, da soli”. “Questa pandemia – ammette – ha stravolto attese e progetti, ridisegnato le abitudini e i comportamenti di ciascuno; ci ha costretto anche ad abbandonare tante cose”.
“Mentre attendiamo con pazienza questa ‘fase due’, lasciamoci interrogare dalla condizione di chi accanto a noi fa più fatica”, è l’invito di don Maffeis che suggerisce di “non essere avari di quel gesto o di quella parola che dicono prossimità, compassione che viene dal cuore, condivisione”.
De resto, come ha ricordato Papa Francesco, “la misericordia non abbandona chi rimane indietro”. “Non si fatica – osserva il sottosegretario della Cei – a riconoscere che spesso con i nostri impegni e la nostra fretta, trasmettiamo mancanza di tempo e quindi di cuore per l’altro”. “La misericordia, quella di Dio come, di riflesso, quella dell’uomo, attende, aspetta, rallenta se è il caso, pur di trovare il modo – conclude – per stare al passo dell’altro”.