Creare ponti di dialogo, di comunicazione e di aiuto tra i Paesi colpiti dalla pandemia

Creare ponti di dialogo, di comunicazione e di aiuto tra i Paesi colpiti dalla pandemia

Sono Alessandro Feruglio, un fratello dei Missionari Saveriani di Parma da dieci anni missionario in Colombia e attualmente nella città portuale di Buenaventura, situata sulla costa del Pacifico. Sono stato motivato a scrivere dall’editoriale di don Pizzoli sulla rivista missionaria “Popoli e Missione”, in particolare dal suo richiamo: “in questa situazione di emergenza globale, si prenda coscienza che veramente quel mondo che abbiamo costruito negli ultimi decenni non poteva reggere più”.
Effettivamente come appartenente ad un Istituto Missionario che ha perso per il Covid19 ben diciassette confratelli in poco meno di un mese in Italia, nelle comunità della Casa Madre a Parma e quella di Alzano Lombardo Bergamo lo sgomento è veramente forte. Ma ancor più forte è l’avvertenza, che è un vero e proprio grido di aiuto, quando don Pizzoli evidenzia il dramma prossimo che produrrà il contagio in “quei Paesi, quei continenti in cui le strutture sanitarie non sono assolutamente all’altezza di affrontare la pandemia”.
Come missionario “ad gentes”, come lo sono del resto tutti i missionari, trovandomi presente, in una realtà quale quella della Costa del pacifico colombiano, che è a stragrande maggioranza abitata da popolazione afro-discendente, con una struttura famigliare che si può caratterizzare come socialmente fragile, per fattori sociali quali la povertà, la violenza criminale e la stessa corruzione, condivido la preoccupazione dell’autore dell’articolo. Tra l’altro già un Paese confinante con la Colombia è al punto di collassare a livello di strutture socio-sanitarie, come è il caso dell’Ecuador e in particolare la sua principale città portuale che è la città di Guayaquil. Per queste ragioni appoggio e faccio mia la richiesta di aiuto che formula don Pizzoli nella rivista “Popoli e Missione” e condividendo lo stesso rischio del Coronavirus tanto il continente africano come l’americano rispettivamente il Nord e il Sud America, quanto sarebbe opportuno che si creassero ponti di dialogo, di comunicazione e di interscambio di aiuti tra tutti i Paesi coinvolti da questo dramma globale della pandemia. Concludo questo scritto, con questa semplice osservazione di don Pizzoli, che umilmente faccio mia: se infatti, come molti giornalisti stanno affermando, il mondo non sarà più lo stesso dopo questa pandemia, senz’altro la volontà di costruire un mondo nuovo si rivelerà sempre per mezzo della testimonianza della solidarietà tra i popoli nelle loro differenti espressioni culturali, e una fede che si fa solidale è il modo migliore per fare del mondo una sola famiglia unita in Gesù Cristo, come affermava il nostro fondatore San Guido Maria Conforti.