Gioco d’azzardo. Mons. De Luca: aiutare le persone ferite

Gioco d’azzardo. Mons. De Luca: aiutare le persone ferite

Nella crisi da coronavirus riparte perfino il gioco d’azzardo, con gradualità, lentamente, nel rispetto delle misure di sicurezza, nonostante una pericolosissima crisi economica che attanaglia famiglie e imprese, e con un’attenzione direi sbrigativa ad un grande male, la ludopatia. Insieme alle costosissime spese medico-sanitarie che bisogna affrontare, vi sono conseguenze collegate al gioco d’azzardo, che determinano le dissoluzioni di legami affettivi, familiari, educativi, fallimenti economici, la scomparsa di attività imprenditoriali, sono danni incalcolabili. L’azzardo è un vortice che avvolge innumerevoli componenti del vivere umano e sociale. Per non parlare di quel mondo malavitoso e criminale che trova nell’azzardo una fonte inesauribile di illecito profitto. La ludopatia è una dipendenza che va curata e aiutata per non permettere che si allarghi in maniera pandemica. L’Italia si colloca al primo posto in Europa ed al terzo posto nel mondo tra i paesi che conoscono questa forma di patologia.

Un’offerta quella dell’azzardo che si è fatta capillare, nascosta, diffusa anche nei paesi più piccoli della nostra penisola: le macchinette multimediali come il videopoker, le slot machine, il gioco on line, le aste, le scommesse, i gratta e vinci. Insomma l’accesso immediato al gioco e l’ebbrezza di un risultato istantaneo, senza attesa e con la possibilità di ritentare subito la fortuna! Vi si aggiungono quelle forme clandestine di azzardo che costituiscono poi un mercato nascosto, non sempre chiaramente quantificabile. L’azzardo non rovina solo il giocatore, dietro di lui scendono nel fondo di un abisso la famiglia, i legami, le amicizie, il lavoro. Tutto viene trascinato in questa idrovora che risucchia il meglio delle relazioni e delle risorse. Lo spettro dell’usura e del riciclaggio si defilano dietro questa dolorosa dipendenza. La costante frustrazione della perdita innesca altri e dolorose illusioni che inducono a tentativi sempre fallimentari. Uno stile ossessivo-compulsivo è la punta di un iceberg dentro il quale si nascondono fragilità, insicurezza, sconfitte, abbandoni, tristezza e malinconia. La via del recupero e della guarigione ha dei costi per lo Stato di proporzioni enormi, ma richiede anche competenza, disponibilità e professionalità. Ci vuole soprattutto una politica preventiva.

Nessun atteggiamento moralistico deve inquinare l’approccio al problema della ludopatia. Sarà necessario invece riproporre la vocazione alla dignità umana di ogni persona, e da questa consapevolezza l’appello alla libertà che determina scelte coraggiose ed energici “no!” che conferiscono il senso di un’altissima responsabilità e di una ricerca di senso autentico per ciò che concerne le relazioni, l’impiego dei talenti, la cura dei legami, l’attenzione ai bisogni dell’altro.

Ecco allora che la prevenzione deve passare attraverso l’attenzione a ciò che ci circonda. La gioia non è un narcisistico benessere spesso immortalato dalla moda dei selfie istantanei, che se da un lato evocano una interiore vacuità, dall’altro sono anche una ricerca, un appello per il ritrovamento di una capacità di relazionarsi nell’amicizia sincera, nella premura verso chi è nel bisogno, nell’ascolto di chi ha perso la speranza. La solitudine non si combatte con il riempitivo allucinogeno di un gioco che deforma le relazioni, ma abbattendo il diaframma dell’egoismo e della smodata ricerca di un godimento estemporaneo che il profitto ed il guadagno lasciano intravedere ma che non possono dare. Curare la persona significa rimetterla in relazione. Questo è il sogno di Dio.