Giornata della Terra: il messaggio di mons. Spreafico

Giornata della Terra: il messaggio di mons. Spreafico

«Siamo uomini e donne del mondo, almeno del pianeta terra, non solo della città o della provincia in cui viviamo, di cui magari conosciamo ogni angolo. Oggi, 22 aprile 2020, si celebra la 50ma “Giornata mondiale della Terra”: fu istituita dalle Nazioni Unite dopo che un gruppo di studenti americani diede vita a una manifestazione a seguito di un’enorme fuoriuscita di petrolio a Santa Barbara, che aveva inquinato l’oceano, uccidendo una grande quantità di animali di ogni specie. 50 anni! Quando qualcuno compie 50 anni si fa una grande festa. Ma oggi non c’è nulla da festeggiare se guardiamo il nostro pianeta. L’inquinamento continua ad avanzare, sebbene ce ne siamo dimenticati, presi come siamo dalle notizie sulla pandemia. I ghiacci della calotta polare si stanno sciogliendo a una velocità mai vista. Anche l’Antartico comincia e cedere la sua compostezza. In Italia abbiamo più di 12 mila siti inquinati, di cui 58 gravemente inquinati (41 di interesse nazionale, i cosiddetti “SIN”, tra cui quello della Valle del Sacco, nel cui territorio è collocata la nostra Diocesi). In Italia continuiamo a produrre energia con 12 centrali a carbone -il combustibile più inquinante- che produce 35 milioni di tonnellate di CO2, cioè il 40% delle emissioni del sistema elettrico nazionale. Gettiamo immondizia qua a là, come la plastica nel Mediterraneo, che soffoca i pesci e rovina i fondali. Siamo, insomma, talmente egoisti da non riuscire a preservare la specie che più ci sta a cuore, la nostra. L’unica che persegue il proprio interesse in questa situazione è la criminalità organizzata, che continua imperterrita a sversare rifiuti tossici in diverse parti d’Italia o a spedirli in qualche Paese africano.

Negli ultimi mesi in Italia si è registrato circa il 50% in meno di piogge, ma sembra che il problema riguardi solo l’agricoltura, a parte quando ci lamenteremo per il prezzo di frutta e verdura! Forse il covid-19 che affligge il mondo ci aiuterà almeno a capire che siamo tutti connessi e che il male di uno ha conseguenze inaspettate e impreviste su tutti. Papa Francesco ha affermato: “pensavamo di rimanere sani in un mondo malato”; siamo stati travolti, invece, dal contagio di un virus venuto da lontano che ha attraversato interi Continenti, infischiandosene di quei confini che si continuano a sbarrare ai profughi. La celebrazione di oggi dovrebbe aiutarci a ricollocarci nel mondo globale: tutti connessi e tutti parte dell’unica famiglia umana, che non ha razze, ma solo popoli e Paesi. Solo insieme si può sopravvivere, lo si voglia o meno. Anche questo virus e la sua repentina diffusione è probabilmente legata anche all’inquinamento, che favorisce il “salto” dei virus da animali ad esseri umani. Dovremmo ricordare come la diffusione di Ebola a partire dal 2013, in alcuni Paesi dell’Africa Occidentale, fu dovuta anche alla deforestazione, che permise agli animali portatori del virus di spingersi oltre la foresta, dove il virus era – fino ad allora – confinato. Siamo a cinque anni dall’Enciclica Laudato si’. Papa Francesco ha voluto il Sinodo sull’Amazzonia per attirare di nuovo l’attenzione della nostra Chiesa su un territorio dove i popoli soffrono come soffre la Terra: il grido dei poveri si unisce al grido della nostra povera madre Terra. Certo, questa è una domanda anzitutto per la Chiesa cattolica, ma essa contiene implicitamente un grido rivolto al mondo. L’impegno del papa, ma anche di tanti credenti, suscita la speranza di una Chiesa che si adoperi perché tutti possano vivere in pace e secondo giustizia, ricostruendo quell’”armonia”, per cui tutti possano vivere insieme nella loro diversità. In questo giorno speciale, tale messaggio rimane essenziale per noi e per il mondo. Connettiamoci dunque tutti con papa Francesco e con il mondo intero perché, pur attraverso la distanza impostaci in questi giorni, riscopriamo il valore dei legami. La Terra ha bisogno di essere amata e rispettata: non ne siamo padroni e dominatori, ma solo i “custodi e coltivatori”».