Il coronavirus e l’Africa: non abbassare la guardia

Il coronavirus e l’Africa: non abbassare la guardia

di padre Giulio Albanese, missionario comboniano

Il famigerato Coronavirus sta interessando già da diverse settimane il continente africano. Purtroppo è estremamente difficile sapere quale sarà il reale impatto pandemico. Le ragioni sono molteplici e meritano un’attenta disamina. Anzitutto occorre osservare che i numeri ufficiali dei contagiati sembrano essere contenuti: mentre scriviamo, di poco inferiori alle 10mila unità. Si teme però che i casi possano essere molti di più per la debolezza del sistema sanitario continentale che, nelle condizioni attuali, non è in grado di monitorare le possibili catene di contagio locali capaci di scatenare processi di moltiplicazione e dunque di propagazione della pandemia.
Dal punto di vista strategico è stata allestita l’ Africa Task Force for Novel Coronavirus (Afcor) – guidata da Marocco, Sudafrica, Senegal, Nigeria e Kenya – che ha auspicato l’applicazione, a livello continentale, dei protocolli  già adottati a livello internazionale: sorveglianza ( screening e controlli in entrata); prevenzione dell’infezione e controllo nelle strutture sanitarie; gestione clinica dei pazienti contagiati; diagnosi laboratoriale; comunicazione dei rischi e impegno a livello comunitario.  Sulla carta si tratta certamente  di  un’iniziativa lodevole, anche se poi, un po’ dappertutto, scarseggiano i presidi sanitari, le attrezzature e soprattutto il personale qualificato.
La principale preoccupazione riguarda non solo la diagnostica, ma soprattutto la mancanza di farmaci e ventilatori polmonari: nella Repubblica Centrafricana risultano essercene solo tre. Dunque, la capacità di gestione e di risposta del sistema sanitario, sia a livello urbano che rurale, è ritenuta scarsa e inadeguata.
Occorre tenere presente che l’Africa, oltre al Covid-19 si sta misurando da tempo con altre malattie. Secondo l’ultimo rapporto dell’Oms, l’Hiv/Aids continua a devastare il continente, dove vive l’11% della popolazione mondiale e il 60% dei sieropositivi. Più del 90% dei 300–500 milioni di casi di malaria stimati nel mondo ogni anno colpiscono africani, soprattutto bambini di meno di cinque anni. Si consideri che, attualmente, sono 42 i paesi africani dove la malaria è considerata endemica. E cosa dire delle Malattie Tropicali Neglette (Mtn) che affliggono il continente? Il 40% dei casi registrati a livello mondiale di Mtn è in Africa. Come se non bastasse, dei 20 paesi con i maggiori tassi di mortalità materna nel mondo, 19 si trovano in Africa; il continente, infatti, detiene anche il triste primato mondiale di mortalità neonatale. Bisogna considerare, inoltre, il carico rappresentato per i sistemi sanitari africani dalle malattie mortali trasmissibili, associato a tassi crescenti di malattie non trasmissibili.
Ma attenzione, non è tutto qui: l’Africa subsahariana è l’area geografica dove le cosiddette  “ fake drugs” (farmaci contraffatti) sono più diffusi: il 42% dei casi rilevati a livello globale. Sebbene nel continente africano risulti ancora difficile avere un computo esatto delle fake drugs in circolazione, si ritiene che la percentuale sia compresa, a seconda dei paesi, tra il 30 e il 60% del totale in commercio. Ecco che allora il Coronavirus di cui sopra rappresenta davvero l’ultima di una lunga serie di sciagure per l’Africa. Nessuno per il momento ha una sfera di cristallo per prevedere cosa avverrà realmente nelle prossime settimane, ma certamente il campanello d’allarme scatterà, soprattutto nelle strutture ospedaliere urbane, quando aumenterà l’incidenza dei ricoveri.  Detto questo, potrebbero esservi due elementi in grado di attenuare l’impatto Coronavirus in Africa. Anzitutto, il fatto che la letalità, così com’è stata registrata negli altri continenti, interessi prevalentemente la popolazione più anziana, mentre l’impatto è meno rilevante per le giovani generazioni. Considerando che in Africa oltre il 60% della popolazione è sotto i 25 anni, gli effetti della pandemia dovrebbero rivelarsi più contenuti rispetto ad altre parti del mondo. Un altro fattore di speranza, da prendere naturalmente col beneficio d’inventario, è rappresentato dalla possibilità che le temperature elevate possano in qualche modo contenere o addirittura arrestare il contagio in Africa. Naturalmente, la cautela è d’obbligo perché del Covid-19 la comunità scientifica internazionale sa ancora troppo poco per comprendere quale sarà la sua evoluzione. A questo punto non rimane che fare tesoro delle sagge parole di Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms: «Nessuno può permettersi di abbassare la guardia».