Carissimi, oggi, giorno tre del mese di maggio 2020, mi hanno dimesso dall’ospedale di Caltagirone, dove sono stato ricoverato per un mese a causa del COVID-19.
Accanto alla gioia di ritornare a casa c’è, ancora più grande e più bella, quella di ritornare tra voi. Ho pensato di scrivere questa lettera perché ho un debito di gratitudine verso tutti, per la vicinanza, l’affetto, l’incoraggiamento, la trepidazione e la preghiera con cui vi siete resi presenti durante questo tempo di prova.
Giacché non mi è possibile stendere una lettera per ciascuno personalmente, mi accontento di stilarne una per tutti; chiedo ad ognuno di voi, però, di accoglierla come se fosse l’unico destinatario.
Ho provato per un momento a pensare a tutti coloro a cui mi voglio rivolgere e, confesso, che non mi è stato possibile terminare l’elenco. Ho tentato, allora, di individuare almeno le categorie di persone per raggiungere tutti, ma pure in questo caso non mi è riuscito né di comporre un elenco completo né di metterle in ordine. Vi spiego anche il perché.
Voglio scrivere alla mia famiglia in cui ora vivo, i miei presbiteri, i diaconi, i religiosi e le religiose, le suore con cui abito, e tutte le persone di questa amata diocesi di Caltagirone.
Voglio scrivere alla famiglia da cui provengo, ai parenti e, poi, alla mia famiglia religiosa, i Frati Cappuccini della Provincia di Palermo, ma anche dell’Italia e del mondo. Una carezza del tutto particolare ai bambini della Diocesi e anche di tante altre regioni.
Voglio scrivere alle autorità politiche, civili e militari, locali, regionali e nazionali.
Alle Forze dell’ordine e ai lavoratori che in questo tempo non si sono mai fermati, perché hanno
continuato a spendersi per me e per noi.
Al caro Papa Francesco,
ai Vescovi della Cesi, della CEI e di altre parti del mondo.
Ai medici, agli inservienti, agli infermieri, ai responsabili e agli amministrativi.
Agli amici, vicini e lontani.
Ai giornalisti e ai tanti e diversi operatori della comunicazione.
A quegli amici che non si riconoscono nella mia fede.
A tutte quelle persone che non conosco, o che non conoscevo, ma che mi hanno raggiunto o hanno
pregato per me.
A tutti quelli che sto dimenticando di nominare, in modo che proprio nessuno resti escluso.
Perché voglio scrivervi?
Semplicemente per dirvi grazie, per esprimervi tutta la mia gratitudine.
Ci sono tanti mezzi e modi per farlo, ma ne devo scegliere uno o qualcuno.
Oggi 3 maggio, giorno delle mie dimissioni dall’ospedale, coincide con la domenica del buon pastore. Ho pensato, allora, di prendere questa parabola bella che, per l’esperienza che ho attraversato, mi dice qualcosa di nuovo, mi indica una via, che voglio utilizzare per dirvi grazie.
Il Signore in questa similitudine ci ha mostrato che chi entra per la porta è pastore, le pecore lo riconoscono e gli obbediscono. Egli le chiama ciascuna per nome e le conduce fuori. Per aiutarci a non sentirci pastori, se non in Lui e come Lui, ci ha ricordato che è Lui il pastore bello e buono, Lui la porta, Lui che ci conosce e ci chiama per nome, ci fa entrare ed uscire, e cammina innanzi a noi verso pascoli di libertà e di vita eterna. Il mio grazie se ci riesco, per questo vi chiedo di pregare ancora per me, è di ritornare nel gregge, attraverso l’unica porta che è Cristo.
Questa porta per me oggi ha il Suo volto nella realtà della Croce, attraverso la quale Dio mi ha voluto far passare per purificarmi e per entrare più profondamente nella Sua vita e in quella del suo popolo. Volto e verità della Croce, della malattia, della sofferenza, della solitudine, ma anche volto di luce, di vita e di resurrezione, che è per tutti la Sua e la nostra Pasqua che, nonostante tutto, giunge sempre puntuale in ogni notte. Attraverso questa esperienza, mi auguro convertito e trasfigurato da questo tempo, voglio ritornare, in punta di piedi, in mezzo a voi, per indicarvi Cristo a cui conformarvi, e confermarvi nella fede, nella fedeltà a Lui e nell’amore ed unità tra di noi.
Aiutatemi a condurvi fuori da qualsiasi chiusura, per seguirLo insieme in quegli spazi ampi e nuovi di libertà che Egli sempre ci indica. Fin da ora aiutatemi ed aiutiamoci a non essere pastore e pecore erranti.
Dico grazie a ciascuno, uno per uno, ma a tutti tutti, perché in questi giorni di prova, con la vostra presenza affettuosa e la vostra preghiera perseverante, mi avete aiutato ad entrare nell’ovile dalla porta giusta, attraversando il mistero di morte e di resurrezione del Signore, che Lui chiede a tutti di vivere pienamente.
Vi assicuro la mia preghiera per ognuno, e vi chiedo di continuare a pregare per me, per il tempo di convalescenza che sto per iniziare e per ogni giorno. Chiedo a Maria, la madre di Gesù, di accompagnarci e di custodirci tutti: a noi credenti per convertirci e credere al Vangelo, e a tutti per continuare a spenderci per il bene comune nell’unità e nell’amore reciproco.
In attesa di incontrarvi, con affetto vi abbraccio.