La via e il viatico. La riflessione di mons. Semeraro per la V Domenica di Pasqua

Come le altre Domeniche pasquali, la liturgia della Parola ci offre cibo abbondante e nutriente. Ad esempio, col racconto della scelta del gruppo dei sette per il «servizio delle mense». È modello di creatività. Invece di esaurirsi in critiche sterili e superando di slancio gli ostacoli derivanti da crisi interne, la Chiesa inventa, diremmo, la prima Caritas. Ed è così che il suo corpo cresce e si moltiplica. È quanto può accaderci se, dalle attuali difficoltà ci disponiamo a intraprendere nuove strade. Ma qual è la via da percorrere? La nostra riflessione può concentrarsi sulle parole di Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Di questa frase sono possibili più spiegazioni.
Secondo la tradizione ebraica la Parola di Dio è come un martello che batte la roccia: ne sprizzano scintille! Ciascuna è l’effetto del colpo, ma nessuna è l’unico risultato (cf. Talmud babilonese, Sanhedrin 34a; cf. Ger 23,29). È così anche per questa auto-designazione di Gesù. Intanto mi torna alla mente ciò che diceva sant’Agostino: «La verità e la vita, tutti la cercano, ma non tutti trovano la strada» (Serm. 141, 1: PL 38, 776). Molte volte per noi è davvero così! Ci occorre una strada, che non conduca in un vicolo cieco e neppure in un labirinto da cui non si riesce ad uscire. Molto spesso nella Bibbia Dio è indicato come colui che apre una strada. Mi limito al Salmo 107, che descrive una carovana dispersa nel deserto: «Erano affamati e assetati, veniva meno la loro vita; nell’angustia gridarono al Signore ed egli li guidò per una strada sicura, verso una città abitata» (cf. vv. 4-7). Anche la nostra vita tanto spesso è così, disorientata, smarrita. Il buon Padre del cielo ci viene in aiuto: «Gli sembrò poco l’aver fatto del suo Figlio l’indicatore della via: volle farlo addirittura la via, perché noi potessimo andare per mezzo di lui che, mentre ci guida, cammina con le sue forze» (cf. Agostino, Enarr. in Ps. 109,2: PL 37,1147). Siamo nel mese di maggio, dedicato alla Santa Madre di Dio. Di lei la tradizione orientale giunta anche in Occidente ci ha conservato il bel titolo di Odigitria, ossia «colei che indica la strada». Facendo eco alle parole del Salvatore, Maria ce lo indica come la nostra guida. Ma c’è di più: Gesù non è soltanto la nostra via, ma pure il nostro viatico. San Bernardo ricorre a parole molto incoraggianti: «Io sono la via, cioè il viatico con cui ti sostenterai lungo il percorso. A coloro, dunque, che vanno errando e non conoscono la via, Gesù grida: Io sono la via; a coloro che sono nel dubbio e non credono, dice: Io sono la verità; a coloro che sono già in salita, ma cominciano a essere stanchi, ripete: Io sono la vita» (De gradibus humilit.et superbiae I, 1: PL 183, 942). Chi di noi non ha bisogno di Gesù quale compagno di viaggio? Se, però, traduciamo Io sono il cammino, tutto acquista un colore diverso. Gesù non è una stazione di fermata, ma un cammino. Se camminiamo con Gesù, tutto si mette in movimento: sia la vita, che è sempre una crescita, sia la verità, che non è mai qualcosa d’acquisito per sempre. Vale anche per la fede. Qualcuno l’ha descritta così: «credere in Dio vuol dire non cessare mai di cercarlo e, mediante la carità, immergersi totalmente in lui» (cf. Fausto di Riez, De Spiritu Sancto, I, 1: CSEL 21, p. 123, ll.16- 21). C’è qui pure il senso del nostro Amen. Ogni volta che lo diciamo (e quante volte al giorno non ripetiamo questa parola ebraica) noi ci riconosciamo, mendicanti di Dio. Era un tema caro a sant’Agostino. Diceva: «Tu che sei? Ricco, o povero? Molti mi dicono: Sono povero, e dicono il vero. Ma c’è pure chi possiede in abbondanza: oh se si riconoscesse povero! Si riconosce povero solo chi s’accorge d’avere accanto a sé un povero. Com’è? Per quanto tu sia ricco, sei il mendicante di Dio. Viene l’ora della preghiera e proprio adesso ti metto alla prova. Che fai con la preghiera? Chiedi! Ma come, non sei povero e chiedi? Dirò di più: chiedi pane! Non stai, forse, per dire: Dacci il nostro pane quotidiano? E allora, sei povero o ricco? Eppure Cristo (che quaggiù è tuttora povero, soffre la fame, la sete ed è nudo) ti dice: Dammi di ciò che ti ho dato» (cf. Serm. 123, 4-5: PL 38, 686). Pensiamoci, quando recitiamo il Pater.