Una ragazza alle prese con un tablet (ipad) touch-screen.

L’arcidiocesi dona dei tablet agli alunni in difficoltà

In un tempo educativo nuovo e spesso frastornato da una distanza forzata e responsabile, gli strumenti per la didattica sono cambiati. La scuola è entrata nelle case degli alunni e sono innumerevoli gli sforzi di istituti comprensivi e famiglie per garantire il diritto all’istruzione a distanza. Insieme a penne e quaderni, libri e colori di ogni sorta, il pc o i tablet e in molti casi anche gli smartphone, unitamente ad una buona connessione, sono oggi strumenti indispensabili per lo studio. La cosiddetta DAD Didattica a distanza, come un fiume in piena, è entrata nel comune registro comunicativo, insieme alle innumerevoli piattaforme utilizzate per favorire incontri a distanza, lezioni on-line, possibilità in remoto, di una scuola che in questi mesi ha provato a non fermarsi, in ogni ordine e grado. Perché la scuola non si fermi realmente, rimane però indispensabile non lasciare indietro nessuno. Ed oggettivamente sono tanti i casi di svantaggio socio-culturale ed economico che attraversano il tessuto nazionale. Questo è il tempo della praticità e dell’attuazione di tutta una serie di azioni educative e di corresponsabilità tra istituzioni che nel detto africano “Per educare un bambino ci vuole un villaggio” trovano una sintesi perfetta. Effettivamente ci si è ritrovati in queste settimane a popolare con più consapevolezza i “villaggi” dei nostri paesi, dalle case abbiamo osservato e vissuto bisogni e attese. Nelle case abbiamo sperato e pregato, costruito futuro facendo a fianco dei figli scuola. L’arcidiocesi di Monreale, attraverso il collegamento nel territorio di associazioni laicali e l’attenzione dei parroci, si è messa in ascolto della scuola, provando a rispondere alle richieste pervenute di acquisto di tablet per la didattica. L’azione formativa ed educativa della scuola è intimamente connessa con la crescita spirituale ed umana della persona ed è per questo motivo che si è favorito in queste settimane, con il coinvolgimento di associazioni come l’azione cattolica, ma anche di catechisti, educatori ed insegnanti, un ponte la chiesa e la scuola. In ascolto dei bisogni dei dirigenti scolastici che hanno una chiara visione d’insieme delle situazioni di svantaggio e criticità, l’arcidiocesi si è inserita in una serie di azioni in atto, al fine di dare un valido sostegno agli sforzi delle comunità scolastiche che si sono ritrovate ad acquistare tablet e sim a partire dai fondi del Ministero, stilando nella maggior parte dei casi graduatorie interne molto rigorose per rispondere con trasparenza e secondo parametri equi, agli alunni con Bisogni educativi speciali e con situazioni di svantaggio notevoli. Questo ascolto della base ha permesso all’arcivescovo Michele Pennisi di alimentare quella rete educativa costruita negli anni e favorita da una pastorale scolastica attenta ai bisogni e ai sogni degli studenti. “Oggi più che mai la scuola deve fare proprio il motto di Don Milani: I care, cioè mi importa. Ogni persona di scuola, secondo il proprio ruolo, – afferma mons. Pennisi – deve prendersi cura di ciascun studente e tramite il dialogo e il contatto virtuale continuare a fornigli zaino e scarponi per il cammino della vita”. I fatti di queste settimane testimoniano questa attenzione. L’arcidiocesi, grazie al fondo straordinario per l’emergenza Covid della Cei con i fondi dell’8×1000, ha raggiunto diverse realtà scolastiche nei comuni di Capaci, Roccamena, San Giuseppe Jato, Borgetto, donando alle scuole quegli strumenti indispensabili per la didattica e raggiungendo con un gesto concreto le famiglie messe duramente alla prova anche dalla crisi economica. Ci sono gesti che rimangono indelebili nella mente e nel cuore di chi li riceve, nei bambini poi aprono mondi: “-Non mi riconosci, sono Filippo, in parrocchia ho vinto tutti i premi della tombolata. -Certo che so chi sei, in questo momento è sempre la parrocchia che ti abbraccia e ti augura di studiare con curiosità e passione: utilizza bene il tablet”. È così che la chiesa è madre: fa strada con la gente ed entra nella vita delle persone. I bisogni sono e rimangono tanti, così come le reti di reciprocità possono essere molteplici per una ripartenza che interpella il cuore di ogni battezzato e di ogni cittadino e rimanda alla fraternità.

Giovanna Parrino