Mons. Angiuli: ripartire dalla parrocchia, comunità educante

Mons. Angiuli: ripartire dalla parrocchia, comunità educante

Cari sacerdoti, diaconi, consacrati, consacrate e fedeli laici, celebriamo questa Messa crismale in un modo del tutto inconsueto a causa della particolare situazione che stiamo vivendo. Mentre noi sacerdoti siamo personalmente presenti in
Cattedrale, il popolo di Dio partecipa alla liturgia sintonizzato sul canale televisivo 90. Siamo obbligati a questa forma celebrativa in ossequio alla norma del distanziamento sociale. La Cattedrale non consente la partecipazione di un numero di persone superiore alle 75/80 unità. Per questo se da una parte siamo contenti per la possibilità di ritrovarci insieme almeno come sacerdoti, dall’altra siamo rammaricati per tutti coloro che non possono essere presenti al sacro rito.

Agire secondo una creatività condivisa
Siamo consapevoli di vivere in un tempo inedito e pieno di incognite. Dobbiamo affrontarlo con pazienza, prudenza, responsabilità e buon senso. L’esperienza vissuta in questi mesi è stata profonda e ha toccato alcuni aspetti imprescindibili della vita e dell’esperienza di fede. Pertanto occorrerà riflettere sulla novità e le riscoperte che questo tempo ci ha consegnato. Anche per la Chiesa vale lo slogan “niente sarà come prima”. Dobbiamo solo capire quale tipo di cambiamento è necessario realizzare e su quali aspetti fondare il nostro futuro impegno pastorale.
Quello che mi consola è la creatività con la quale abbiamo affrontato questa situazione. Allo sgomento della prima ora, è seguita una nuova fase soprattutto in riferimento all’annuncio della Parola di Dio, alle diverse forme di comunicare con i fedeli e alle iniziative di carità da mettere in campo per venire incontro ai molteplici bisogni della gente. Il sapiente utilizzo dei social e le forme di vicinanza agli anziani e alla gente più povera sono state le armi vincenti in una
situazione del tutto inedita. Senza fare troppi programmi e osservando le norme stabilite, anche quando non eravamo interiormente convinti, abbiamo cercato, con un certo successo, di continuare a servire il popolo di Dio con iniziative semplici, ma di grande efficacia comunicativa e di concreto sostegno alle urgenze più immediate.
Il criterio di agire secondo una creatività condivisa deve guidarci anche nel prossimo futuro.
Creatività non significa improvvisazione, né tanto meno vuol dire lasciarsi guidare solo dal proprio estro, dalla propria sensibilità se non dal proprio capriccio. La nuova situazione ci chiede di “inventare” un nuovo modo di presenza nel mondo. Non possiamo continuare a ripetere stancamente quanto abbiamo fatto per tanto tempo. Occorre cercare nuove modalità espressive. Per essere incisive, esse devono essere condivise e realizzate insieme. Il soggetto pastorale infatti
è l’intera comunità.Soprattutto dobbiamo imparare a utilizzare sapientemente i social. Si tratta di strumenti
ambivalenti che se usati con superficialità e senza accortezza possono produrre conseguenze deleterie per l’immagine ecclesiale e per la stessa persona. Una cosa è certa: anche in questo campo siamo educatori. Non possiamo conformarci alle mode del momento o all’andazzo emotivo della piazza. Abbiamo un ruolo istituzionale che impone uno stile di correttezza per rappresentare istituzionalmente e non solo personalmente la Chiesa. In questo ambito occorre fare un profondo esame di coscienza e cambiare registro e modalità di azione, anche perché non riguarda le singole persone, ma uno stile comune a molti. In tutti i casi, bisogna essere autorizzati a parlare e ad esporsi attraverso i mezzi di comunicazione sociale.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti e per evidenziare che la creatività pastorale quando è dettata da un sincero amore a Cristo e alla Chiesa produce frutti insperati. Dobbiamo necessariamente proseguire su questa linea proprio perché il futuro si presenta con molte incognite. Ma dobbiamo farlo in modo intelligente perché la nostra azione pastorale risulti efficace e aderente alla novità della situazione.

In allegato l’omelia integrale