Mons. Angiuli: “venite nel Cenacolo, la casa dell’Amore”

Mons. Angiuli: “venite nel Cenacolo, la casa dell’Amore”

Cari amici, sono ancora io, Gesù, che vi parlo, come ho fatto in questa quaresima È giunta l’Ora suprema del mio passaggio da questo mondo al Padre (Gv 13,1). In quest’Ora solenne, «non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15, 14-15). Sì, mentre sto per lasciarvi, voglio rivelarvi i miei sentimenti più intimi.
Vedo che in questi giorni di quaresima, vi siete ritirati in casa. A me sembra che le vostre abitazioni siano diventate come i palchi di un teatro. Avete preso il posto che vi era stato assegnato da sempre e vi siete accomodati per meditare e partecipare, con un forte desiderio, alla grande sinfonia pasquale che viene celebrata nella Cattedrale e nelle altre Chiese, senza il concorso di popolo.
In realtà, quest’anno, la Pasqua viene celebrata non solo nello spazio ristretto di un’aula liturgia, ma sull’altare del mondo. È sempre così. In questi giorni, si evidenzia in un modo ancora più esplicito. Bene ha scritto il mio servo Giovanni Paolo II quando ha solennemente affermato che la mia Pasqua e ogni celebrazione eucaristica hanno sempre un «carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato».
In un supremo atto di amore e di obbedienza al Padre, ho lasciato la gloria del cielo e sono venuto sulla terra, per restituire tutto il creato a colui che lo ha fatto dal nulla. Mediante il mio prezioso sangue sparso dalla croce, sono entrato nel santuario eterno e ho consegnato tutta la creazione al Padre. Il mondo, uscito dalle sue mani e redento dal mio sangue, è tornato a lui quale supremo e unico sacrificio e inno di lode e di gloria alla sua maestà divina. Vedo le vostre strade deserte e le piazze vuote. I vostri paesi sembrano disabitati. Nelle vostre case, però, pulsa la vita e da lì, grazie alla radio, alla televisione e ai social, abbracciate il mondo intero. È il nuovo spazio pubblico dove si manifesta e si consuma il dramma divino e umano della mia e della vostra passione e risurrezione. Sento che avete voglia di partecipare a questo importante avvenimento spirituale. Il mio triduo pasquale è il più grande “spettacolo del mondo”. Vi vedo accorrere, come la gente di Gerusalemme, per contemplare questa «visione umana e divina», ripensare a quanto è accaduto in questi giorni e partecipare alla mia Pasqua di morte e risurrezione (cfr. Lc 23,48). Non, però, da spettatori o da comparse, ma da solerti interpreti insieme a me, il vostro Maestro.
La musica ha inizio. Il sipario si alza lentamente. L’orchestra intona l’ouverture della sinfonia pasquale e la sua musica vi rapisce e vi invita a salire «al piano superiore» del Cenacolo, dove i miei discepoli hanno preparato la «grande sala con i tappeti, già pronta» (Mc 14,15). È la stanza del mio convivio d’amore. Ha inizio così l’incantevole sinfonia pasquale; la grande opera musicale suonata nello spazio terrestre come eco di quella che, dall’eternità, si esegue in cielo, al cospetto di Colui che è seduto sul trono e davanti a me, Agnello, «immolato e ritto in piedi» (Ap 5,6).
Il compositore è mio Padre, io sono lo spartito e lo Spirito Santo è il Maestro che dirige l’orchestra e interpreta la musica. Ho visto mio Padre mentre, dall’eternità, componeva l’intreccio delle voci e degli strumenti; sono venuto sulla terra a rivelarvi la melodia divina e l’ho cantata nel mondo, davanti a Dio e agli uomini; lo Spirito Santo ha accordato gli strumenti e le voci umane e celesti. Così, cielo e terra, si sono uniti in un inno universale, in una sola festa del cosmo e del paradiso, in un unico gaudio di uomini e donne, di angeli e santi, che all’unisono lodano le nostre tre divine Persone.
Un autore cristiano antico, rimasto anonimo, (le cose belle non hanno nome, appartengono a tutti) vi regala le parole di un bellissimo inno: «O mistica choregìa! / O spirituale festività / O Pasqua divina! / Dai cieli tu scendi fino alla terra / e dalla terra di nuovo tu risali ai cieli! / O sagra comune di tutte le cose! / O solennità di tutto il cosmo! / o gioia dell’universo, / suo onore, festino e delizia!»

Tutto era già fissato nella Scrittura. Essa racconta la storia della salvezza e la presenta come una gemma di grande valore che irradia nell’universo la divina bellezza. Leggendo ciò che è scritto, comprendete che tutto è «disposto con misura, calcolo e peso» (Sap 11,20 ). Il creato appare come un’epifania cosmica: «I cieli narrano la gloria di Dio, il firmamento annunzia l’opera delle sue mani. Il giorno al giorno affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette la conoscenza» (Sal 19,2-3). La colossale coreografia (cfr. Salmo 148), magistralmente allestita dal Padre, invita ad ammirare con stupore l’inno di gloria e di lode che si eleva nella cattedrale cosmica per esaltare l’Opera di salvezza che, insieme al Padre e allo Spirito, ho portato a compimento nel mondo. È la fonte da cui scaturisce la vita nuova e scorre il rinnovamento di tutta la terra.
Questa divina sinfonia pasquale, che abbiamo composto noi Tre, si sviluppa di tre tempi, preceduti da una ouverture. Abbiamo tessuto la sua complessa intelaiatura musicale, ognuno per la sua parte e tutti insieme come coautori. Ora, la ascoltiamo con voi. Ognuno di Noi Tre, con il suo timbro, si unisce al canto, conferendo alla composizione melodica una ricchezza di note e di accordi che incantano, inebriano e feriscono la vostra anima. Irresistibile è il suo fascino e
trascinante è il suo ritmo. L’anima che ascolta questo musica divina viene sedotta e, quasi senza
accorgersene, cerca di ridire le parole e cantare i ritornelli.
È la sinfonia pasquale della bellezza dell’Amore divino e umano. Il suo tema melodico è sviluppato in tre movimenti, preceduti da una ouverture e da un inno finale. È l’unico mistero, voluto da mio Padre, attuato nel mondo attraverso la mia passione, morte e risurrezione e armonizzato nel tempo e nella storia dallo Spirito Santo. Dall’unità del mistero, deriva il senso unitario del rito liturgico. Sia pure dilatato nei tre giorni santi, è sempre celebrazione sacramentale del nostro Amore trinitario. Il venerdì commemora il memoriale della mia passione e morte, il sabato custodisce la mia discesa agli inferi e la domenica ripresenta la gloria della mia risurrezione. I tre movimenti della sinfonia celebrano l’Amore crocifisso, nascosto e risorto e tutto sfocia in un finale gioioso ed esultante. Ogni movimento richiama l’altro, in una circolarità inscindibile e armonica.
Oggi, Giovedì santo, ha inizio la sinfonia con l’accattivante ouverture. Essa contiene «l’intero Triduum paschale, e questo è come raccolto, anticipato, e “concentrato” per sempre nel dono eucaristico. In questo dono ho consegnato alla Chiesa l’attualizzazione perenne del mistero pasquale. Con esso ho istituito una misteriosa “contemporaneità” tra quel Triduum e lo scorrere di tutti i secoli». Ricordatelo sempre, cari amici: l’Eucarestia è l’unità dei tre giorni santi. È memoriale, presenza reale e sacramento della Pasqua. Questa fontana d’amore è l’energia spirituale che rinnova il mondo.
Nella stanza al piano superiore, tutto è pronto. La tavola è apparecchiata, i discepoli hanno preso posto. Faccio il solenne ingresso, con i miei abiti regali. È la mia e la vostra festa. Sotto l’abile tocco delle invisibili mani dello Spirito Santo, si ode il suono del Theremin. Lo strumento vibra  senza vi sia alcun contatto fisico. Le abili movenze dello Spirito Santo fanno scaturire i suoni dalle vibrazioni. Esse sembrano fluire dalle corde di un violino. Hanno il tono melodioso e vagamente inquietante di voce umana, anzi di una voce divina. Mentre il Theremin continua a effondere nella sala l’affascinante melodia sotto il leggero soffio dello Spirito, intono il mio canto: «Desiderio desideravi» (Lc 22,15). Che splendida armonia s’intreccia tra le mie parole e la melodia provocata dallo Spirito. L’accordo è perfetto. Procediamo all’unisono. Al suo segnale, si uniscono le voci dei discepoli che cantano: «Sicut cervus desiderat ad fontes acquarum, ita desidera anima mea ad te Deus» (Sal 41,2). Se ascoltate con attenzione questo canto, vi accorgerete che procede più concitato sulla parola desiderat, giacché si tratta di descrivere il moto spirituale in atto. Lunghe note, invece, caratterizzano i momenti di
introspezione (sicut e ita), i soggetti da contemplare (cervus e anima). Tutto poi si placa nella sete incessante e nella quiete dell’esaudimento del desiderio (fontes e Deus). Sì, gli apostoli, anche se non tutti, sono anime assetate d’amore che corrono alla fonte d’acqua viva per dissetarsi della sua dolcezza.
Mentre contemplate questo meraviglioso spettacolo nelle vostre case, vi giungono le mie parole che vi invitano a sedere alla stessa mensa e a prendere parte al convivio: «Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello» (Ap 19,9). Il mio invito si fa più suadente e più insistente: “Venite, amici, alla cena del vostro Signore”. «Abbiate fede! Voi verrete da me e gusterete i beni della mia mensa, com’è vero che io non ho ricusato d’assaporare i mali della mensa vostra… Vi ho promesso la mia vita… Come anticipo vi ho elargito la mia morte, quasi a dirvi: Ecco, io vi invito a partecipare della mia vita… È una vita dove nessuno muore, una vita veramente beata, che offre un cibo incorruttibile, un cibo che ristora e mai vien meno. La meta a cui vi invito, ecco… è l’amicizia con il Padre e lo Spirito Santo, è la cena eterna, è la comunione con me… è partecipare della mia vita».
Attirati dalla dolce melodia di queste mie parole, in questa notte carica di silenzio e di intimità, accogliete il mio invito e, con voce appassionata, vi unite a noi e tutt’insieme cantate: «Quanta sete nel mio cuore: solo in Dio si spegnerà, quanta attesa di salvezza: solo in Dio sisazierà. L’acqua viva che egli dà sempre fresca sgorgherà. Il Signore è la mia vita, il Signore è la mia gioia». Quante volte, avete cantato queste parole in tante celebrazioni. Ora vi sembrano diverse. Forse le comprendete più in profondità. Che strano. Proprio nel giorno dell’istituzione dell’Eucaristia non potete accostarvi a ricevere il sacramento. Rimane solo il desiderio e la comunione spirituale con me. Non è poco. È molto, anzi è moltissimo. Ricordate quanto vi dico: senza il desiderio di incontrarmi non si attua nessun incontro! Io vado incontro a chi mi desidera. «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Ap 3, 20).
Mentre celebriamo il santo mistero, gli angeli guardano dal cielo e bramano di unirsi a questo sacro convivio (cfr. 1Pt 1, 12). In un controcanto, si rivolgono a me, il loro Signore, e con le loro voci celestiali mi implorano e mi supplicano: «Anche noi desideriamo ardentemente di magiare questa Pasqua con voi» (Lc 22, 15). Rivolti a voi e a tutti gli invitati, con un po’ di gelosia, vi esortano, ad uno ad uno, con queste parole: «Rallegrati perché sei stato saziato, ma non rattristarti per il fatto che la ricchezza della parola ti superi. Colui che ha sete è lieto di bere, ma non si rattrista perché non riesce a prosciugare la fonte. È meglio che la fonte soddisfi la tua sete, piuttosto che la sete esaurisca la fonte. Se la tua sete è spenta senza che la fonte sia inaridita, potrai bere di nuovo ogni volta che ne avrai bisogno. Se invece saziandoti seccassi la sorgente, la tua vittoria sarebbe la tua sciagura».

C’è un’aria di pace nel Cenacolo. La stanza dell’Amore è la camera segreta dove si manifesta la “rivelazione intima” della sinfonia pasquale. Nell’intimità, vi regalo la mia amicizia e tolgo il velo a ciò che è nascosto. Il Cenacolo è il posto giusto per parlare d’amore. È la stanza dell’intimità, dove gli amanti si incontrano e si scambiano i loro segreti.
Il Cenacolo, non dimenticatelo cari amici, è il luogo sacro dove accadono e sono custoditi gli eventi che precedono e seguono la mia passione, la mia morte e risurrezione. Sono essi a svelare l’insondabile ricchezza del mistero. Questo luogo custodisce i più grandi eventi della redenzione: l’istituzione dell’Eucaristia (cfr. Mt 26,26-28; 1Cor 11,23-25), la mia apparizione ai discepoli (cfr. Gv 20, 19-29) e la discesa dello Spirito Santo (cfr. At 1,13-14). Senza questi avvenimenti, accaduti nell’intimità del Cenacolo e nascosti agli occhi del mondo, la croce che è la rivelazione pubblica dell’Amore sarebbe compresa solo come scandalo e follia e non nel suo valore salvifico e nella sua rivelazione suprema dell’amore.
Siamo al momento conclusivo. Mi assale la commozione e il pianto. Come uno sposo con la sua amata, vi stringo fortemente a me. Sto per lasciarvi. Voi siete la mia sposa, la mia famiglia, la mia comunità. Vedo che volete posare il vostro capo sul mio petto, mentre spezzo il pane e lo porgo a ognuno di voi. «È il mio corpo che è dato per voi». Vi offro anche il calice. «È il mio sangue sparso per voi». Cingo i fianchi con l’asciugatoio e passo a lavarvi i piedi. Questa è la “Cena del Signore”, la “memoria prolettica” del mio mistero pasquale.
Il rito eucaristico richiama il passato e annuncia il futuro. E così sarà per sempre. Ciò che celebriamo questa sera è il memoriale della mia Pasqua, la mensa di grazia e la caparra della gloria futura. A voi, non resta altro se non «fare memoria di me» e «seguire le mie orme». «Mandatum novum do vobis» (Gv 13,34). Imitate il mio esempio. Il convivio eucaristico è il contesto rememorativo che custodisce il significato dell’esempio che vi ho dato. Mettetelo in pratica. Celebrate sempre con stupore il mistero dell’Amore e fermatevi ad adorarlo. «O sacrum convivium», cantate nella liturgia! Il sacro convivio, cioè il convenire di chi ama perché riconosce di essere amato. D’ora in poi rimarrò sempre con voi. Vedo che vi meravigliate di queste mie parole e siete colmi di stupore. Credetemi, con questo dono eucaristico rimango sempre con voi.
Gusterete così la mia presenza reale: la dolce presenza (Jesu, dulcis praesentia) e sentirete la dolce memoria (Jesu, dulcis memoria). Vi do l’ultimo comando: tornate ogni volta al Cenacolo e, da lì, partite per il mondo intero. Poi ritornate nuovamente al Cenacolo per nuovamente ripartire, in un incessante movimento in cui è racchiuso tutto il mistero della fede e tutta la vostra vita cristiana. Senza il Cenacolo non c’è missione. E ogni missione esige che si ritorni nel Cenacolo.
Mentre concludo questo mio discoro, la musica sfuma in un dolce silenzio. L’ouverture è terminata. Cala il sipario. Adoratemi nel cuore: è il vostro Cenacolo e io sono il vostro Signore!