Mons. Coccia: guardare l’oggi con gli occhi della fede

Mons. Coccia: guardare l’oggi con gli occhi della fede

Il credente legge gli eventi della storia con gli occhi della fede. È questo l’atteggiamento che deve condurci anche nell’affrontare il fenomeno del coronavirus. Al di là di ogni forma di errato fatalismo, niente accade “per caso”, ma come dice San Paolo “tutto concorre al bene per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”. In questa prospettiva anche le difficoltà possono diventare opportunità. Ma quali opportunità ci offre l’epidemia del coronavirus? Ne individuo alcune per una condivisione con tutta la comunità.

Opportunità. L’emergenza che stiamo vivendo ci sta ancora una volta aprendo gli occhi in merito alla fragilità della condizione umana la quale è inesorabilmente segnata dal limite. La cultura oggi dominante e a cui più o meno tutti ci accodiamo, è quella dell’autonomia e dell’autosufficienza. Abbiamo costruito il mito dell’io onnipotente. L’esperienza del coronavirus ci sta dimostrando il contrario. Nella vita c’è una dimensione che ci sfugge e ci supera, di fronte alla quale è necessario ridimensionare ogni pretesa di dominio per lasciare spazio al Mistero con la lettera maiuscola.

Inoltre il tempo del coronavirus ci può e ci deve aiutare a rielaborare la scala di valori della vita che oggi pare si sia persa. Siamo chiamati a distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è, ciò su cui concentrarci da ciò su cui sorvolare. In una cultura dove tutto appare “necessario e urgente”, il giudizio valoriale si impone per dare alla vita un senso, vale a dire una direzione e per fare un giusto investimento delle risorse umane di cui disponiamo. Abbiamo coscienza che la vita è una partita che si gioca una volta sola e per di più senza tempi supplementari.

Solidarietà. Ma l’emergenza che stiamo vivendo in questi giorni ci sta fortemente aiutando a riscoprire e a vivere la solidarietà attraverso un impegno encomiabile di tante persone coinvolte nel mondo della sanità, del volontariato. Ci stiamo accorgendo che “insieme si può”. Tutto ciò sta creando sempre più il senso vero della comunità (cum-munus = dono condiviso) al contrario della immunità (in – munus = dono tenuto per sé). A questo riguardo faccio presente a tutti, quanto sia non solo importante ma decisivo il ruolo educativo ed esperienziale del nostro essere chiesa. Da ultimo ma non per ultimo il coronavirus ci sta offrendo un’occasione straordinaria per vivere l’esperienza della preghiera nella sua profondità ed autenticità. In questo momento in cui sperimentiamo la nostra impotenza, il nostro cuore ancora di più si apre al Signore non solo per invocare il suo aiuto ma ancor di più per ricordare che infondo la vita ci è data per “fare la sua volontà”.

Preghiera. In questi giorni ho notato come sia cresciuto il desiderio della preghiera e quanto vuoto abbia creato la mancata celebrazione dell’Eucaristia. È solo una questione di paura? No. È la consapevolezza che del Signore tutti abbiamo bisogno perché nessuno basta a se stesso. Nelle alterne vicende della vita abbiamo bisogno di Qualcuno di cui fidarci e a cui affidarci. Viviamo questo tempo di riposo forzato per fare silenzio in noi e attorno a noi per rileggere la nostra vita, per pregare il Signore, per meditare e per sperimentare la verità della parola di Gesù rivolta a Marta: “Tu ti agiti e preoccupi per molte cose ma di una sola c’è bisogno. Maria che sta seduta ai miei piedi e mi ascolta ha scelto la parte migliore che non le sarà tolta” (Lc 10, 38 – 42). Il coronavirus sia l’occasione per scegliere la parte migliore.