Mons. Manicardi: chiediamo la salute, la fine della pandemia e il coraggio di cambiare

Mons. Manicardi: chiediamo la salute, la fine della pandemia e il coraggio di cambiare

Oggi, 25 marzo, solennità dell’Annunciazione monsignor Ermenegildo Manicardi, vicario generale della diocesi di Carpi ha presieduto la messa in particolare per i degenti e gli operatori degli ospedali di Carpi e Mirandola. Al termine la preghiera all’Assunta patrona della Città e Diocesi di Carpi per invocare l’intercessione di Maria per la guarigione dei malati, per la protezione di chi opera al loro servizio e per la cessazione dell’epidemia. Sono intervenuti in segno di condivisione con le due strutture ospedaliere i componenti la cappellania dell’ospedale di Carpi padre Gerard, suor Daniela e il diacono Stefano, e il medico dr. Michele Pescetelli.

Di seguito il saluto introduttivo e una sintesi dell’omelia di monsignor Manicardi.

“Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con l’universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza”. Oggi con questa celebrazione eucaristica rispondiamo all’invito di Papa Francesco e al pensiero costante del vescovo Erio per testimoniare in modo ancora più esplicito quanto la Chiesa tutta e la Diocesi di Carpi voglia essere partecipe delle sofferenze dei malati e dei loro familiari. Siamo riconoscenti per l’operato del personale, medici, infermieri, farmacisti e operatori che con abnegazione e umanità sono al lavoro nei nostri ospedali e in particolare in quelli di Carpi e Mirandola. Ringraziamo la Direzione dell’Azienda Usl di Modena nelle persone dei direttori sanitari dei presidi ospedalieri Andrea Ziglio e Giuseppe Licitra per aver accolto la proposta di un momento di preghiera per i degenti e gli operatori degli ospedali e i volontari che hanno allargato questo abbraccio spirituale alle strutture protette delle nostre città. Grazie alla direzione e ai tecnici di TVQUI per la diretta della santa messa dalla Cattedrale di Carpi che porta nelle case nelle quali ora viviamo isolati, l’esperienza della comunione eucaristica che ci fa sentire uniti.

Dall’omelia di monsignor Ermenegildo Manicardi: (…) Sì, incarnandosi nel grembo della Vergine, il Figlio eterno di Dio si è avvicinato a tutte le nostre debolezze umane, anche alle infermità causate, ai nostri giorni, dal covid 19. Lui non è lontano dal silenzio, dal vuoto rattristante delle nostre città e dal faticoso dolore di essere separati, nella difficoltà, dalle persone che amiamo di più. Dio è presente anche in questa pandemia e nelle necessarie restrizioni che ridimensionano la nostra vita pubblica. Questa sua vicinanza silenziosa c’è, anche se ci fa paura. E non poco. Che cosa chiede il Signore a noi, oggi, mentre sta lasciando l’umanità intera scivolare dentro una pandemia finora inaudita? Molti dicono che non ne usciremo uguali a prima. Alcuni suppongono che poi saremo costretti ad essere migliori. Non so e non sono autorizzato a fare previsioni. Credo, però, sia un mio dovere esprimere con franchezza la nostra fede. Il Signore non è il Dio delle né delle epidemie, né delle pandemie, né del dolore, dei lutti e della morte. È il Dio Vivente. E il suo Figlio è il nuovo Adamo risorto dai morti «primizia di coloro che risorgono da morti» (1Cor 15,20s). Dio è il Padrone della vita e del futuro. Quello che lascia accadere oggi, noi nella fede lo sappiamo, lo lascia esistere certamente soltanto in vista di un nostro bene maggiore. Covid 19, di sicuro non è una punizione! Provvidenzialmente, proprio nel vangelo di domenica scorsa, Gesù ci ha spiegato che la malattia del cieco nato non era dovuta a un peccato suo o dei suoi genitori, «ma perché in lui siano manifestate le opere di Dio» (Gv 9,3). La vita di Maria con l’annunciazione dovette cambiare. Dovette incamminarsi, come ha scritto San Giovanni Paolo II, già da giovane, «nella peregrinazione della fede», che in fondo è sempre un cammino oscuro (cfr. Enciclica Redemptoris Mater, 19). Anche a noi è chiesto di cambiare al più presto: di correggere il rapporto con la natura, troppo sfruttata e devastata; di rinnovare i rapporti tra noi, valorizzando davvero a quelle relazioni che oggi vediamo così decisive; di capire con più serietà che nelle relazioni con gli altri, se non siamo sinceramente corretti, possiamo davvero essere un pericolo, anzi addirittura un disastro mortale. Sono perciò almeno tre le cose da chiedere in questa nostra Eucaristia: la salute per tutti noi, la cessazione della catastrofe covid 19, ma anche il coraggio d cambiare i nostri stili di vita e il modo in cui ci rapportiamo agli altri. Occorre verso le cose più semplicità (meno usa e getta, meno sfrutta e dimentica) e con le persone è necessaria più empatia, più trasparenza e più solidarietà. A cosa ci serve il cosiddetto “cattivismo”? Abbiamo cominciato a ridicolizzare le forme di bene che non ritenevamo serie e abbiamo inventato il temine “buonismo”, ma è finita per caratterizzare un certo stile, ruvidamente autoreferenziale, è reso necessario caratterizzare uno stile troppo diffuso come “cattivismo”. Ci aiutino la Vergine Maria e il suo sposo Giuseppe, che obbedirono agli angeli inviati da Dio, ad ascoltare il messaggio severo che anche adesso il Signore ci ha rivolto e ci rivolge nella prova. Attenti bene. Non nella prova da lui voluta, ma attraverso la prova che si è creata negli intrecci della natura e della nostra vita. Molti di noi volevano, in questi giorni, “fare Quaresima” con alcuni buoni propositi. Il Signore ci ha presi sul serio: ci sta insegnando il senso della vera Quaresima attraverso l’imprevisto della quarantena che ci viene imposta. Ai malati un augurio di rapida ripresa. Per tutti l’auspicio di saper maturare alla scuola di Maria e di Giuseppe una umanità evangelica.