Carissimi, insieme, in un «luogo a porte chiuse»: così il Vangelo (Gv 20,19-23) descrive i discepoli raggiunti dal Risorto; così li descrivono gli Atti degli Apostoli (At 2,1-11) a Pentecoste: «Insieme, nello stesso luogo».
Siamo qui insieme, collegati on line dal Seminario dell’Ordinariato Militare, nella gioia di celebrare la Pentecoste e conferire i “ministeri” a quattro allievi Cappellani militari: Giuseppe e Luigi ricevono il Lettorato, Luigi e Giovanni l’Accolitato.
«Vi sono diversi ministeri ma uno solo è il Signore», abbiamo ascoltato dalla seconda Lettura (1Cor 12,3b-7.12-13); perché «a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune». Cari Luigi, Giuseppe, Luigi e Giovanni, voi venite da strade diverse, dalla vita militare o da altre esperienze, ma quello che oggi accade, vi accade, è il dono di un «ministero», un servizio, che ha come fine l’edificazione del Regno di Dio e come sorgente lo Spirito.
La Pentecoste celebra la centralità dello Spirito Santo nella vita cristiana. Sappiamo che spesso si parla di Lui come del «grande sconosciuto»; ma sappiamo pure, afferma il Catechismo, che «non lo conosciamo che nel movimento in cui ci rivela il Verbo e ci dispone ad accoglierlo nella fede»; e il «luogo della nostra conoscenza dello Spirito Santo», che ci fa rivivere l’esperienza degli apostoli, è la «Chiesa».
Oggi è festa della Chiesa, festa della nostra Chiesa, per il dono dei nuovi ministeri che richiamano, essi stessi, alcuni luoghi di rivelazione dello Spirito Santo: le «Scritture, che Egli ha ispirato», rimandano al servizio alla Parola affidato a voi Lettori; la «Liturgia sacramentale», che «ci mette in comunione con Cristo», è curata dal servizio all’altare, compito di voi Accoliti. Due manifestazioni dello Spirito, due gradi di intimità nella conoscenza del Signore, nello Spirito: ascoltare, proclamare, contemplare una Parola che è di Dio, è lo stesso Gesù, Verbo del Padre; preparare e custodire l’altare su cui si offre il Sacrificio di Cristo, adorando l’Eucaristia e diventandone “ministri straordinari”.
Carissimi, lo Spirito vi ha condotto in questo cammino, che prepara l’Ordinazione diaconale e sacerdotale; lo Spirito vi ha preceduto, vi precede. È consapevolezza pacificante, senza la quale – lo sperimentate come i discepoli quando, nel Vangelo, si sentono dire «Pace a voi» – non potreste accogliere la missione che Gesù, nello Spirito, oggi vi affida: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Come il Padre manda Gesù, come Gesù vi manda?
L’espressione con cui la Scrittura identifica il Cristo è «Messia», ovvero «unto»; e quella dell’olio è una simbologia bellissima per rappresentare lo Spirito Santo: l’olio conferisce forza, aggiunge splendore, lenisce dolori, guarisce ferite, crea fraternità… Il fatto che Gesù sia «Unto» significa, afferma Gregorio di Nissa, che, come con l’olio sul corpo, «così è immediato il contatto del Figlio con lo Spirito; di conseguenza, colui che sta per entrare in contatto con il Figlio mediante la fede, deve necessariamente dapprima entrare in contatto con l’olio» (lo sperimenterete nell’Ordinazione Sacerdotale).
La missione che il Padre affida a Gesù si compie assieme allo Spirito; così la missione della Chiesa e la vostra, cari seminaristi. E l’immagine eloquente dell’olio fa intuire a noi, a tutti i battezzati, come la missione si attui grazie al tocco dello Spirito: quando ci avviciniamo a “toccare” Gesù – nella Scrittura da leggere, nel suo Corpo da adorare e donare ai fratelli – tocchiamo prima lo Spirito; allo stesso modo, lo Spirito è «tocco» con cui Dio ci raggiunge: nella forza della Parola, nella grazia dei Sacramenti e della preghiera, nelle Sue carezze e nel Suo indicare la via; «Dito della mano di Dio», lo invoca la Sequenza!
Ma il dono dello Spirito va accolto. E, ancora una volta, Gesù nel Vangelo indica il «come». Da una parte, chiede di «aprire le porte» o, se non ne siamo capaci, lasciare che Egli entri «a porte chiuse», come dai discepoli. D’altra parte, mostrando le Sue piaghe, ci invita a presentarGli le ferite delle nostre fragilità e a servire le sofferenze altrui, amando «fino alla fine».
Ci sembra di riascoltare il grido di San Giovanni Paolo II, del quale abbiamo appena celebrato il centenario della nascita: «Aprite, spalancate le porte a Cristo»; perché «Lui sa cosa c’è nel cuore dell’uomo, solo Lui lo sa!». Egli aveva imparato la compassione per le ferite umane, nella terra polacca vessata da totalitarismi e guerre e nella sua famiglia colma di sofferenze e santità: è di questi giorni la notizia dell’inizio della causa di beatificazione dei genitori, Emilia e Karol. Per lui, tutto è stato «luogo» ove sentire il tocco di Dio e lasciarsi condurre per mano, spalancando le porte del cuore a Cristo, con un «Sì» che ha permesso allo Spirito di agire nella storia.
Che bello, cari Luigi, Giuseppe, Luigi, Gianni, ricordarlo oggi a voi e alla comunità del Seminario!
Sì. Lo Spirito agisce nella storia della comunità ecclesiale, la rende capace di superare le paure degli altri, di aprire le porte, quasi come in questi giorni in cui abbiamo ricominciato a celebrare l’Eucaristia insieme; soprattutto, dice Paolo, la rende «corpo» dove le «molte membra» e le «diverse attività», sono sacramento di «un solo Dio che opera tutto in tutti».
Lo Spirito agisce nella storia della comunità umana; il miracolo di Pentecoste fa della moltitudine confusa una fraternità di persone in cui ciascuno sa capire e farsi capire, nell’originale ricerca del «bene comune».
E lo Spirito agisce nella storia di ogni persona. Gesù «soffiò» per donarLo ai discepoli, il termine greco parla di una sorta di “insufflazione”. È “soffio” vitale, che richiama la Creazione ma anche gesto di intimità profonda, “bacio” con cui il Signore ci ha dato vita e ci ridona vita. È unzione che guarisce le ferite del corpo e dell’anima; e questo dono – cancellare i peccati! – è consegnato, nello Spirito, alla Chiesa.
Cari amici, è il «primo giorno della settimana», dice il Vangelo, e lo Spirito agisce con una nuova Creazione.
Noi, Chiesa, Lo attendiamo e invochiamo, insieme e assieme alla Madre, alla fine del Mese a Lei dedicato. Nel giorno che ricorda la Visitazione, Maria canta l’azione dello Spirito nella storia della Salvezza, aiutandoci a leggere il senso dei ministeri che vi sono conferiti, per la Chiesa che è tra i militari. «Il Magnificat – scrive Adrienne von Spyer – ci dimostra con che cura la Madre conservi nel cuore tutte le parole di Dio. Dice solo ciò che il suo incarico prevede, tace su tutto il resto»; e «il suo silenzio non è dimenticanza, ma memoria». Cari Giuseppe e Luigi, siate Lettori così! E voi, cari Luigi e Giovanni, siate dediti all’altare come Lei: «Portando, sia fisicamente che spiritualmente, il Figlio verso gli altri – continua la von Spyer –, ella si comporta come farà successivamente la Chiesa quando reca agli uomini l’Eucaristia. Il Signore, che la Madre ha in grembo, ed il Signore nell’ostia ha un solo disegno: donarsi e trasmettersi all’infinito».
Portare Gesù tra i militari! È la missione affidata a voi, alla nostra Chiesa, e a tutta la Chiesa. Adempiamola, con la grazia dello Spirito: avremo la gioia e la pace che Egli solo sa donare.
E così sia!