Mons. Melillo: il prete, fratello che accompagna con discrezione e che tutti accoglie

Mons. Melillo: il prete, fratello che accompagna con discrezione e che tutti accoglie

Carissimi presbiteri, diaconi, religiosi/e, seminaristi, popolo santo di Dio, stimate autorità civili e militari, cari volontari, grazie per essere presenza di una comunità viva!

Tutti avvertiamo il vuoto dei lutti, per la morte di don Antonio Di Stasio, e Suor Emilia Scaperrotta e di  tanti fratelli.

Siamo venuti in Cattedrale con spirito  grato, per benedire gli oli sacri: dei catecumeni, degli infermi e del crisma affinché possa scorrere sul capo di ciascuno nel cammino vocazionale, nelle scelte  di vita, la Grazia, espressione della Forza dello Spirito perché «oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (S. Luca).

Oggi si mostra la Chiesa Corpo di Cristo, visibile nella comunione dei sacerdoti con il vescovo, nella festa dell’unità con il successore degli apostoli, di tutti i fedeli.

Un evento che commuove in un incontro tanto  atteso.

Siamo a casa, nella Chiesa Madre, che rassicura per il legame familiare, non siamo in una fortezza assediata, come può essere stata la nostra condizione nei lunghi giorni di solitudine, di preghiera, di ascolto, di paure e di lutti.

Ci ritroviamo in un tempo che ci ha cambiati nell’animo e rivoltati come un guanto. Eppure, a volte, noi pastori osserviamo, che tutto è cambiato, ma si corre il rischio che non cambi davvero nulla.

Avvertiamo l’affanno, il passo incerto della gente, di nuovi poveri, delle nostre comunità nella difficoltà, come quando ci si avventura in una landa sconosciuta, ci si inerpica su un sentiero montano e non si ha  il giusto orientamento per  la meta.

Abbiamo sguardi pieni di lacrime e di attese, di dolori e di speranze verso un futuro che appare incerto per il lavoro, le famiglie,  i giovani, le religiose provate come le suore di S. Francesco Saverio.

Da cristiani, da sacerdoti, chiediamo al Signore il coraggio per viaggiare attraverso la tempesta … «perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri» (Isaia).

Dove ricercare la ragione di quanto accade? Siamo stati spiazzati, proiettati su scenari nuovi, aldilà di consolidati stereotipi anche della pastorale.

Il primo moto del cuore è la chiamata all’unità, tante volte implorata, che è tutt’uno con la chiamata all’amore di Dio. Lo significa la sacramentalità dell’ordinazione sacerdotale, l’Eucarestia lo esige, da parte del vescovo, dai  presbiteri e da tutti i fedeli.

Al Signore sentiamo di dire: «Tu taci e lascia che parliamo noi, Abbiamo i cuori tanto colmi, non la finiremo mai di dirti tutto…» (Peter Lippert).

Ci sentiamo sommersi, ma salvati per Grazia. Riprendiamo con coraggio il cammino, avendo le comunità nel cuore e nella memoria, sapendo che in agguato vi è il peccato con gli egoismi, e i pregiudizi.

Figli carissimi, siamo la Chiesa che, per atto fondativo del Signore, è l’irruzione dell’oggettivo nella nostra vita, che ha la grande capacità di evolversi e senza compromessi.

La Chiesa non invecchia mai, conserva il vigore degli anni della giovinezza, la saggezza degli anziani, comprende con l’aiuto della meditazione, del pensiero, della preghiera,  sostenuta dalla Madre del Signore, le ragioni della sua esistenza, la sua presenza e la sua attualità.

Imploriamo dal Signore la gioia, la condizione amorosa ed evangelica per ognuno di noi. La gioia che è il moto dell’animo con quale Dio ci rianima, e ci aiuta a discernere scelte definitive.

Il sacerdote testimonia e diffonde  la gioia, perché è il visibile riflesso dell’amore di Cristo, ne attua la Presenza nella sua carne, mostra i segni che rivelano in pienezza Gesù Cristo, di doni riversati in lui  imago Christi tra la gente.

Il mistero e dono della vocazione sacerdotale, la sua testimonianza, chiede ai fedeli la filiale venerazione e  gratitudine per i pastori.

Cari amici amate i nostri  sacerdoti! Nel sacerdote è custodito il più profondo e spirituale dell’umano. Il prete è un lottatore in campo nel deserto delle relazioni, fratello che accompagna con discrezione e che tutti accoglie con amore.

In lui si uniscono e si mescolano le grandi correnti del mondo, con il loro possente fragore: l’elemento umano e quello divino, la fragile umanità di tutti e la santità di vite donate. L’Eucarestia è la sostanza dei suoi giorni e la sua vita è tutt’uno con il sacrificio di Cristo che, afferma: «Vengo a fare o Padre la tua volontà».

Ed è proprio la volontà del Padre che ha dato l’impronta a tutte le Sue azioni: all’ascolto, all’obbedienza, all’abbandonarsi a Lui, alla Croce, alla resurrezione. Siamo stabilmente tra la nostra gente da amare e fra domande anche le più difficili.

Nell’eucarestia celebrata e vissuta,  nel corpo piagato del risorto, in Cristo troviamo l’anello di congiunzione tra il cielo e la terra che aiuta a compiere la volontà del Padre e a dare risposte.

Diceva Bernanos: «in una crisi dov’è in gioco il destino dell’uomo, se noi cattolici non parliamo chi parlerà?»

Cari amici rivolgiamo oggi un accorato appello ai responsabili della vita civile affinchè  facciano possibile per i  nostri territori, per le famiglie e per il futuro delle nuove generazioni.

Da parte nostra, sacerdoti e vescovo, continuiamo ad esserci fattivamente con la prossimità ai fedeli, con gesti concreti di sostegno, con la preghiera.

Cari presbiteri, vi sono immensamente grato per l’impegno profuso nel ministero, nelle parrocchie, proseguiamo insieme su questa strada e il Signore continuerà a benedirci.

La Vergine Maria  ci custodisca maternamente nel Suo Cuore Immacolato e ci  guidi nel cammino.