Mons. Pennisi: la Croce non è il segno della maledizione ma della gloria

Mons. Pennisi: la Croce non è il segno della maledizione ma della gloria

Oggi celebrando la passione di Nostro Signore Gesù Cristo facciamo memoria dell’amore di Gesù, che porta su di sé tutto il male e tutto il dolore del mondo, compreso il grande dolore che a causa di questa pandemia interessa molti Paesi del mondo. Gesù rivive la sua passione in tutti coloro che sono in lutto per la morte dei loro cari, in coloro che sono ricoverati negli ospedali , negli operatori sanitari che rischiano la vita per stare accanto ai malati, nelle persone che vivono nella precarietà materiale e nella solitudine.

Gesù non è venuto per eliminare il dolore dal mondo e neanche per presentarci un dotto trattato sul dolore, ma si è coinvolto nel dolore del mondo fino alla morte. Oggi celebrando la passione di Nostro Signore Gesù Cristo facciamo memoria del dolore di Gesù che diviene il luogo del suo massimo amore.

IL 4° canto del servo sofferente ci presenta un personaggio che è colpito e accetta di essere colpito per le colpe degli altri, che soffre per la salvezza nostra e di tutte le nazioni. La sofferenza di questo servo è una sofferenza accettata per noi, al posto nostro, a nostro beneficio. Gesù Cristo, sommo Sacerdote, che appartiene al regno dei cieli, – ci dice la lettera agli Ebrei si compenetra nella nostra natura per liberarci dalle nostre bassezze. Egli è l’autore della nostra salvezza eterna.

Nel racconto della passione secondo Giovanni il cammino del dolore diviene un valore, perché trasformato in cammino d’amore, e premessa di glorificazione. Esternamente Cristo sprofonda nella massima debolezza, e tutto sembra perduto; in realtà la sua «via crucis» è una marcia trionfale verso il Padre. Giovanni parla di un giardino in cui Gesù è arrestato e di un altro in cui è sepolto, quasi a riportare la storia in parallelo a quella dell’Eden per la nuova creazione. Gesù poi affronta i soldati senza angoscia; anzi è lui che si consegna a coloro che cascano tramortiti a terra. Dietro la parodia dei soldati romani che vogliono trasformare Gesù in un apparente re da burla si proclama la regalità di Cristo. E in questo si afferma che la signoria di Gesù è del tutto diversa: la sua signoria è nel servire la verità.

Al momento dell’esecuzione della sentenza, la regalità di Gesù viene riconosciuta e proclamata di fronte all’autorità religiosa giudaica, a quella culturale e a quella politica. Gesù è re, ma l’unica corona che nelle prossime ore gli viene posta sul capo è quella di spine, l’unico scettro è una canna e l’unica divisa è un manto scarlatto da burla. Sul Calvario a Gesù non gli vengono spezzate le ossa, perché egli è l’agnello pasquale che si immola intatto. Gesù è morto e la sua morte coincide con la sua gloria: «Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me» (12,32). Egli diviene centro di unità e di compimento. Quel che sembrava un annientamento è la condizione per una fecondità maggiore. Dal suo costato trafitto nasce la Chiesa nuova Eva , sacramento universale di salvezza.

Per noi cristiani la Croce non è il segno della maledizione ma della gloria: il legno sul quale Cristo regnò . La vera adorazione spirituale della Croce cui oggi i credenti siamo chiamati è adorazione dell’amore sconfinato del Crocifisso.

Oggi, in questa suggestiva liturgia del Venerdì Santo nella nostra Cattedrale senza fedeli vi invito da casa ad adorare Cristo Crocifisso con un bacio mandato da lontano o segnandovi con il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto.

Questa sera con un gesto di adorazione e di tenerezza verso Gesù Crocifisso siamo chiamati ad associare le nostre sofferenze, a causa delle malattie, della solitudine, delle difficoltà materiali alla Passione di Cristo completando ciò che manca nel nostro corpo alla sua passione a favore del suo corpo che è la Chiesa.

A Gesù Cristo Crocifisso questa sera affidiamo i nostri peccati, le nostre pene, le nostre angosce, i nostri dubbi, i nostri problemi, le sorti del mondo minacciato dalla pandemia del Coronavirus, ma anche da tutte le altre malattie, dalla fame, dalla precarietà, dalla violenza. Questa sera noi non siamo qui per commemorare un morto, ma per professare la nostra fede in Gesù Cristo morto una volta ma risorto per sempre. Crediamo che il suo amore è più forte della morte.

Gesù Cristo Crocifisso e Risorto si manifesta a noi in questa nostra cattedrale come il Pantocratore che mantiene nell’esistenza tutte le cose e come Luce del mondo illumina i momenti bui della nostra vita con il suo splendore divino per darci coraggio e speranza.