Mons. Pennisi ordina due nuovi sacerdoti: non seguite le chiacchiere, confidate nell’amicizia di Gesù

Mons. Pennisi ordina due nuovi sacerdoti: non seguite le chiacchiere, confidate nell’amicizia di Gesù

Eccellenza carissima, Carissimi confratelli, Gentili autorità, fratelli e sorelle amati dal Signore, questa sera per la solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, celebriamo il sacerdozio di Cristo, unico, eterno, sommo sacerdote, buon pastore delle nostre anime, sposo del suo popolo e rendiamo grazie alla SS. Trinità per  il 60° dell’ordinazione presbiterale del nostro carissimo arcivescovo emerito S.E. Mons. Salvatore Di Cristina che ricorrerà il prossimo 2 luglio e per i tanti anniversari  sacerdotali dei membri del nostro presbiterio e  soprattutto per aver donato alla nostra chiesa due  nuovi presbiteri: Salvatore Crimi e Salvatore Grizzaffi. 

A questo ringraziamento partecipano in modo particolare le loro famiglie e le comunità parrocchiali di origine del Ss. Redentore e S. Nicola di Bari in san Giuseppe Jato e di S. Martino in Corleone, e quelle dove hanno esercitato il loro ministero diaconale: Maria Ss. Assunta in Carini e S. Maria d’Altofonte, il nostro Seminario diocesano, la Facoltà teologica di Sicilia san Giovanni Evangelista di Palermo , l’Istituto teologico san Tommaso di Messina, mentre dal cielo gioiscono con noi i papà degli ordinandi Francesco Grizzaffi e Gianni Crimi.

Mi sembra molto significativo che questa ordinazione sacerdotale sia avvenga nella festa degli apostoli Pietro e Paolo. Il loro sacerdozio   si inserisce, attraverso l’imposizione delle mani del vescovo successore degli apostoli, nella corrente ininterrotta di grazia presente nella Chiesa nostra madre animata dallo Spirito Santo, che ha Gesù Cristo come pietra angolare, gli apostoli come le colonne e tutti i cristiani come pietre vive.

La liturgia di questa solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo ci sollecita a riflettere sulla fedeltà e sulla testimonianza delle due colonne portanti della Chiesa.

Ciascuno dei due Apostoli ha avuto una sua missione nello sviluppo della fede cristiana: Pietro, la guida, svolgendo il suo compito di direzione e di conferma dei fratelli; Paolo, il seminatore, col suo spirito universalista e le sue straordinarie capacità di adattamento. Pietro il pescatore di Galilea assicura la solidità della roccia con la sua autorità, con la sicurezza del suo insegnamento, la continuità di una tradizione che è ferma e duttile ad un tempo. Paolo costituisce l’elemento dinamico della chiesa: aperto ai necessari adattamenti, era stato designato ad essere il promotore dell’espansione missionaria della chiesa, in grado di assicurarne l’unità nella diversità. La figura di Paolo, conquistato da Cristo, mette in luce la radice, propria di ogni apostolo, ben prima e oltre le sue capacità e competenze umane.

Tutte e due sono stati oggetto della misericordia della grazia divina, che ha trasformato Pietro, prima debole, spavaldo e pauroso, in intrepido assertore della verità e martire come Cristo per testimoniare la propria fedeltà, e Paolo da accanito persecutore dei cristiani in apostolo delle genti, combattente per la diffusione del vangelo testimoniata con l’effusione del suo sangue.

Pietro e Paolo hanno dato l’esempio di di ciò che vuol dire obbedienza fino alla morte.

Le letture liturgiche della Solennità degli Apostoli Pietro e Paolo, offrono spunti interessanti per comprendere il dono e il mistero del Presbiterato.

Nella prima lettura Pietro, che viene messo in carcere, sperimenta cosa vuol dire seguire il Signore ed essere pastore del suo gregge, ma per preghiera incessante della Chiesa per lui, viene liberato dall’Angelo.  Anche per i presbiteri la persecuzione, più o meno manifesta è il segno della fedeltà al Vangelo che non può essere svenduto per la ricerca spasmodica del consenso derivante dal compromesso con la mentalità mondana.

La seconda lettura risuona come un gioioso testamento che Paolo confida al suo amico e collaboratore Timoteo. Paolo dà uno sguardo retrospettivo alla sua vita, che gli appare una buona battaglia, una corsa, un impegno assunto con fedeltà. Egli ha una fiducia totale nel Signore che gli è stato vicino, gli ha dato forza, lo ha liberato da ogni male e gli darà la corona della vittoria.

Nel vangelo Pietro per la sua confessione di fede in Gesù Cristo, figlio del Dio vivente, viene eletto fondamento visibile della Chiesa di Gesù.  Pietro è definito “beato” perché si è sintonizzato con Dio e non si è fatto influenzare dalle opinioni della gente.  Il Signore gli ha affidato le Chiavi del Regno, per contribuire a costruire a partire dal perdono di Dio il progetto di un’umanità nuova fondata sull’amore.

Ambedue gli apostoli in modo diverso tracciano il cammino della chiesa e di ciascuno di noi: anche noi deboli come Pietro, prima della pentecoste, ma anche noi irrorati dallo stesso Spirito. Noi pure forse lontani come Paolo, ma poi salvati per grazia.   In ambedue vediamo testimoniata la carità pastorale e lo zelo apostolico, a cui siamo chiamati tutti coloro che siamo resi partecipi del sacerdozio ministeriale.

Condivido con i presbiteri presenti e con gli ordinandi alcune riflessioni di Papa Francesco nella lettera rivolta al clero di Roma, in occasione della scorsa Solennità di Pentecoste:” Lasciamoci sorprendere ancora una volta dal Risorto. Che sia Lui, dal suo costato ferito, segno di quanto diventa dura e ingiusta la realtà, a spingerci a non voltare le spalle alla dura e difficile realtà dei nostri fratelli. Che sia Lui a insegnarci ad accompagnare, curare e fasciare le ferite del nostro popolo, non con timore ma con l’audacia e la prodigalità evangelica della moltiplicazione dei pani (cfr Mt 14,15-21); con il coraggio, la premura e la responsabilità del samaritano (cfr Lc 10,33-35); con la gioia e la festa del pastore per la sua pecora ritrovata (cfr Lc 15,4-6); con l’abbraccio riconciliante del padre che conosce il perdono (cfr Lc 15,20); con la pietà, la delicatezza e la tenerezza di Maria di Betania (cfr Gv 12,1-3); con la mansuetudine, la pazienza e l’intelligenza dei discepoli missionari del Signore (cfr Mt 10,16-23). Che siano le mani piagate del Risorto a consolare le nostre tristezze, a risollevare la nostra speranza e a spingerci a cercare il Regno di Dio al di là dei nostri rifugi abituali. Lasciamoci sorprendere anche dal nostro popolo fedele e semplice, tante volte provato e lacerato, ma anche visitato dalla misericordia del Signore. Che questo popolo ci insegni a plasmare e temperare il nostro cuore di pastori con la mitezza e la compassione, con l’umiltà e la magnanimità della resistenza attiva, solidale, paziente e coraggiosa, che non resta indifferente, ma smentisce e smaschera ogni scetticismo e fatalismo”.

Carissimi Salvatore Crimi e Salvatore Grizzaffi, la vostra vita spirituale deve essere nutrita dal rapporto personale con Cristo Capo e Servo che lava i piedi dei suoi discepoli, Re che regna dal trono della Croce, Pastore e agnello che dona la vita e porta su di sé i peccati del mondo.

È Gesù Cristo che salva e santifica, e voi avrete parte diretta alla sua opera missionaria, nella misura dell’intensità della vostra unione con Lui.

Esercitando il ministero della Parola sarete partecipi della missione di Cristo, unico maestro.

Mediante i sacramenti continuerete l’opera santificatrice di Cristo che battezza, che perdona i peccati, che si offre al Padre.

Partecipando alla missione di Gesù Cristo sarete chiamati ad avere sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito, ma per servire e raccogliere nell’unità tutti i figli dispersi.

Siete chiamati a vivere in comunione con Cristo che vi introduce nell’intimità del Padre, con il Vescovo che vi collega con il Collegio episcopale” cum Petro e sub Petro”, con il presbiterio diocesano che è la vostra nuova famiglia, con i fedeli laici con i quali condividete la grazia del battesimo e il sacerdozio profetico e regale.

La gratitudine per il Signore Gesù che vi ha scelti per seguirlo e le relazioni ecclesiali improntate alla comunione sacramentale possono rendere più facile anche per voi sottrarvi alle insidie dei ripiegamenti autoreferenziali. Rivolgo a Voi quanto Papa Francesco ha scritto nel recente messaggio alle Pontificie Opere missionarie:” Non consumate troppo tempo e risorse a ‘guardarvi addosso’, a elaborare piani auto-centrati sui meccanismi interni, su funzionalità e competenze del proprio apparato. Guardate fuori, non guardatevi allo specchio. Rompete tutti gli specchi di casa”. Anche i moderni specchi virtuali , che possono costituire un’insidia per ciascuno di noi!

Rispecchiatevi ogni giorno nel Volto di Dio con la preghiera e la meditazione orante della Parola di Dio e con la carità pastorale.

Come Pietro apritevi alla rivelazione del Padre e non seguite le chiacchiere della gente, non scoraggiatevi per le vostre fragilità, ma confidate nell’amicizia e nell’amore di predilezione di Gesù per essere pastori secondo il suo cuore.

Come Paolo non abbiate paura di farvi sconvolgere i vostri progetti dall’incontro con Cristo e apritevi alla dimensione universale della missione che deve essere rivolta a tutti e non solo alle persone vicine o amiche.

          Il Vostro esempio incoraggi, altri giovani a seguire Cristo con eguale disponibilità. Per questo preghiamo perché il “Padrone della messe” continui a chiamare operai per il servizio del suo Regno, perché “la messe è molta” (Mt 9,37).

Affido ciascuno di voi, il confratello mons. Salvatore Di Cristina e tutto il presbiterio alla intercessione di Maria Regina degli Apostoli e Madre dei sacerdoti, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, del beato don Pino Puglisi, perché possiate essere sempre  segni visibili e trasparenti dell’amorevole cura divina per ogni persona  ad imitazione di Gesù Cristo Buon Pastore mite ed umile di cuore.