Cari fratelli e sorelle, cari confratelli, celebriamo la vigilia della solennità del Corpus Domini, da otto secoli una solennità che sottolinea come l’Eucaristia sia la fonte e il culmine della vita della Chiesa, perché rende realmente presente il Signore tra noi, per noi e per tutti. Il nostro sguardo all’Eucaristia è accompagnato dal ricordo e dalla testimonianza di uno dei santi più popolari, anche nella nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio, S. Antonio da Padova, che ha vissuto anche in questa città un periodo della sua vita e della sua predicazione, con alcuni miracoli.
Gli interrogativi dell’apostolo Paolo nella comunità di Corinto – “il calice della benedizione non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? – sono ritornati nella storia della Chiesa, generando talora dubbi, eresie, ma anche gesti e miracoli – come il miracolo eucaristico di Ferrara – che hanno confermato la fede nella presenza reale di Cristo nel pane e nel vino e della nostra reale comunione con il Signore. La parola ‘comunione’ in Paolo ci ricorda come attraverso la partecipazione all’Eucaristia noi entriamo in relazione con il Signore e il Signore veramente entra in relazione con noi. Non si tratta di una relazione a distanza o virtuale, ma reale: nella comunione eucaristica noi diventiamo il ‘tabernacolo’ del Corpo di Cristo e la Chiesa diventa il Corpo mistico di Cristo, in cui tutti siamo uniti gli uni agli altri e “concorporei” – come scrive S. Giovanni Damasceno – a Cristo.
La presenza reale di Dio nel cammino del suo popolo era già testimoniato nella storia della salvezza, come ci ha ricordato la pagina del Deuteronomio che abbiamo ascoltato: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto”. E questa presenza di Dio il popolo l’ha percepita concretamente: “ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna”. Il Signore ha nutrito il suo popolo non solo con il pane o l’acqua, ma anche con la sua Parola: “l’uomo vive di quanto esce dalla bocca di Dio”. Anche nel suo cammino di schiavitù e di liberazione, nel deserto e nella terra promessa il popolo ha sentito realmente la presenza di Dio in parole e opere. Questa presenza concreta, reale di Dio tra gli uomini raggiunge la sua espressione più alta nella storia umana di Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. E questa presenza reale, “carnale” – per usare l’espressione dell’evangelista Giovanni – di Gesù, dopo la risurrezione continua “ogni giorno fino alla fine del mondo”, grazie alla presenza di Dio Spirito e al dono, segno, al sacramento, dell’Eucaristia e alla Parola. Parola e Sacramento sono gli occhi, la bocca, le orecchie, le mani con cui il Signore continua ad essere realmente presente. Nello spezzare il pane e nella condivisione del calice, nel Sacramento dell’Eucaristia, si rinnova una relazione reale con il Signore, che rinnova la nostra vita, alimenta la nostra fede. Questo realismo eucaristico è più volte sottolineato anche da S. Antonio nei suoi ‘Sermoni’. “Perciò si deve credere fermamente e confessare con la bocca – scriveva S. Antonio – che quel corpo che la Vergine partorì, che fu inchiodato sulla croce, che giacque nel sepolcro, che risuscitò il terzo giorno, che salì alla destra del Padre, egli lo diede agli apostoli, e la chiesa ogni giorno (nell’Eucaristia) lo distribuisce ai suoi fedeli” (S. Antonio da Padova, I Sermoni, Padova, Messaggero S. Antonio, 1994, pp. 192-193). L’Eucaristia è pane di vita: per la vita nella Chiesa e nel mondo e per la vita eterna. Con l’Eucaristia, ricevuta nella nostra bocca o sulle nostre mani, il Signore vive in noi e noi nel Signore, cresce la nostra fede, fondata non più e non tanto sulle nostre opere, ma sulla nostra relazione con il Signore. L’importante non è come riceviamo l’Eucarestia, nella bocca o sulle mani: è importante che la nostra vita sia in grazia di Dio o ricerchi la grazia di Dio, sia in cammino nella fede, con le fatiche e e le debolezze di ciascuno, per non sprecare il dono posto nelle nostre mani e accogliere il Signore. Lo ricordava anche S. Antonio in uno dei suoi Sermoni: “Sventurato colui che osa entrare a questo banchetto senza la ‘veste nuziale’ della carità, o della penitenza, perché chi se ne ciba indegnamente, mangia la sua condanna” (S. Antonio di Padova, I Sermoni, cit. p. 193). È il tema del ‘rimanere’ nel Signore, che si concretizza anche nella partecipazione alla mensa eucaristica, oltre che nell’ascolto della Parola e nella condivisione fraterna. L’Eucaristia è anche pane per la vita eterna. Senza Eucaristia non c’è futuro, rischiamo di essere schiavi del presente, delle sue ansie e contraddizioni, dei suoi dolori e delle sue angosce.
Concludo con le parole che Papa Francesco ha rivolto ai giovani al termine dell’esortazione apostolica Christus vivit: “Correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci” (C.V. 299).