Mons. Renna: rileggere il lockdown come un tempo di prova e di grazia

Mons. Renna: rileggere il lockdown come un tempo di prova e di grazia

“Ricordati” (Dt 8,2): questo invito ci riporta ad un esercizio del cuore che, come cristiani, dobbiamo fare sempre, unendo la vita e la Parola: ricordiamo quello che ci accade, interpretiamolo alla luce della Parola di Dio, e la nostra vita diverrà sapiente. Un credente è una persona che fa continuamente questo esercizio spirituale. Nella prima lettura (Dt 8,2-3.14b-16a) il popolo di Israele è stato riportato al cuore di tutta la sua esperienza di salvezza, guardando non solo alla méta, ossia l’ingresso nella Terra Promessa, ma al cammino nel deserto. Perché un cammino lungo quarant’anni? “Per sapere quello che tu avevi nel cuore” (8, 2), dice Dio. Quello che ci accade nella vita rivela qualcosa di profondo del nostro cuore e delle nostre intenzioni. Come non leggere il tempo del lockdown che abbiamo attraversato se non come un tempo di prova che ci ha aiutato a “leggerci” nel cuore? Il Deuteronomio continua con le parole: “Ti ha fatto provare la fame (…) ti ha dato la manna – ti ha dato l’acqua” (cf 8,3). Cioè il Signore ti ha fatto provare il bisogno di alcune cose essenziali e in questa situazione ti ha rivelato sé stesso come Colui che dona e ti sazia di beni. Inoltre Dio ricorda che ha liberato Israele da un paese di morte, rappresentato dagli scorpioni e dai serpenti velenosi (8, 15). Cari fratelli e sorelle, io credo che tutti quanti noi dobbiamo rileggere e riportare al cuore l’esperienza del lockdown come un tempo di prova e di grazia, nel quale il Signore ha voluto parlare alla nostra vita, per aiutarci a riscoprire l’essenziale. Anche Sant’Antonio da Padova, il patrono di Orta Nova ha vissuto un passaggio della sua vita in questo modo, all’eremo di Montepaolo, vicino Forlì, nel 1221. Dopo aver invano cercato di seguire la vocazione di predicatore nel Marocco per trovarvi il martirio, passa alcuni mesi in una piccola comunità, dedito alla preghiera, al servizio di cuciniere, nel silenzio di un eremo. Vive un tempo di solitudine, di cura della propria salute, di ascolto del Signore, che lo prepara a una nuova fase della vita. Non potremmo capire la vita e la missione di sant’Antonio senza questo tempo di sosta e di lockdown. Ha vissuto quel cambiamento di cui vorrei che prendessimo coscienza e che è così simile alla conversione e che, con un termine molto utilizzato in questo periodo, viene definito della resilienza, la resistenza ad un urto. Possiamo divenire più sapienti se riconosceremo la portata della pandemia, che in alcune parti del mondo si sta rivelando ancora aggressiva, e dice a tutti quanti noi che siamo esseri fragili e mortali, bisognosi di cura e di solidarietà. La resilienza è fatta anche di ricognizione, che ci fa chiedere: “Cosa ho a disposizione per affrontare problemi come questi?”. Abbiamo riscoperto la forza della preghiera e della fraternità, l’importanza della cura e della solidarietà con i malati e i poveri. E, infine, la resilienza è disponibilità a scoprirsi rinnovati in meglio: siamo divenuti migliori dopo questo tempo? Il Signore ci ha nutrito con la preghiera, ci ha fatto provare la fame dell’Eucaristia, la sete del perdono, l’assenza di relazioni; il Signore ci ha fatto sperimentare la carità e la solidarietà. È un patrimonio di vita e di fede che dobbiamo ricordare. Invito tutti quanti voi, miei cari, a fare memoria sempre di questo tempo che abbiamo attraversato, non per rimuoverlo dal cuore, ma per valorizzarne gli insegnamenti C’è un altro invito al ricordo, nell’Ultima Cena: “Fate questo in memoria di me”(Lc 22,19). Le parole di Gesù e il dono dello Spirito rendono presente il Signore Gesù e il dono della sua vita. Non sempre abbiamo potuto celebrare l’Eucaristia come avremmo voluto, in questo tempo di pandemia, e persino la Pasqua è stata vissuta senza l’Eucaristia con il popolo! Ma quando una cosa ci manca, dobbiamo sentirne maggiormente il valore! “Chi mangia di me vivrà per me” (Gv 5,57), dice il Signore! Vivrà per Cristo, per gli altri, e si lascerà a sua volta “mangiare”. In questi mesi è mancata la partecipazione, ma non la celebrazione dell’Eucaristia: essa è rimasta sempre il dono di Cristo, ricevuto nella comunione spirituale e nel desiderio, vissuto nelle tante opere di carità nelle nostre comunità, nelle case, negli ospedali; Eucaristia non partecipata, ma vissuta! Anche questa “memoria” vogliamo che ci rimanga impressa nel cuore per cambiare vita: sarà importante ricordare questa “assenza” di Eucaristia con il popolo, nella quale il “desiderio” è stato grande, la carità altrettanto!