Mons. Russotto: stiamo vivendo il tempo della Madre

Mons. Russotto: stiamo vivendo il tempo della Madre

Quasi un Cenacolo la Cattedrale per la Veglia di Pentecoste: la prima liturgia solenne finalmente pubblica dopo il tempo sospeso della pandemia, ma con presenze contingentate, regolate dal Decreto del Vescovo dell’11 maggio: oltre ai sacerdoti e ai diaconi, i seminaristi, i religiosi, i direttori e i responsabili degli uffici pastorali diocesani, il direttivo della Consulta delle Aggregazioni Laicali, un rappresentante per parrocchia, due per ogni aggregazione e due suore per ogni istituto.
Tutti distribuiti secondo le distanze di sicurezza nello spazio capiente della Cattedrale, nella quale risuonavano ancora più vibranti le parole dell’omelia, appassionata e impegnativa, del Vescovo Mario.
“Usciamo lentamente fuori dal tunnel di questa pandemia – ha esordito – ma vaghiamo ancora nelle gallerie, se pur illuminate, di questo tempo estivo, essendo a noi completamente sconosciuto il futuro prossimo e quello che potrà accadere in autunno, se non perseveriamo nel senso di responsabilità, di rispetto per la vita nostra e quella degli altri, di ricerca di tutti i sistemi di sicurezza per poter garantire, il più possibile, un nuovo anno pastorale che non sia come quello che andiamo a chiudere”.
Pentecoste è la solennità che celebra la fondazione della Chiesa con l’effusione dello Spirito Santo su Maria e gli Apostoli, e proprio sulla centralità di Maria nella relazione tra il cielo e la terra che la Chiesa rappresenta dopo la Resurrezione si è incentrata l’omelia, cesellando ogni parola a dipanare un percorso teologico originale e profondo, lungo tutto l’arco delle Scritture, i cui brani hanno introdotto la Veglia, da Genesi, a Esodo, ai profeti, a scandire il tempo della storia cosmica come un passaggio di testimone tra le tre figure della Trinità.
“Tutta questa stagione – ha proseguito il Vescovo – dalla creazione fino alla venuta di Cristo Gesù, dono del Padre, è contrassegnata da un peccato crescente, complesso, dalla sordità, dalla disobbedienza, dalla ribellione degli uomini e delle donne al sogno di Dio di avere l’umanità come sposa. Una vicenda di peccato, e nello stesso tempo è la stagione del Padre: il Padre che cerca questi figli ribelli, che non si rassegna alla lontananza dei figli, e che nonostante il peccato dei figli, intercetta sempre la loro strada, li cerca, li raduna, dai quattro angoli del mondo, Padre pastore, che vive del desiderio di essere desiderato, perché questo nostro desiderarlo è la piena felicità dell’umanità, è il pieno compimento del nostro esserci, in terra e in questa storia a volte sghemba, complessa, difficile”.
Poi la stagione del Figlio, “tentativo di nuova creazione, tentativo di redenzione che ancora una volta gli uomini rifiutano. E allora resta una sola soluzione a Dio: inchiodare sé al legno della croce per inchiodare a quel legno il peccato e riaprire un nuovo respiro nell’umanità.
E se il tempo del Figlio è un tempo breve è certamente il tempo più incisivo: perché Dio desidera tanto la nostra felicità da scegliere la morte per darci la vita.”
La terza fase è la stagione dello Spirito, “il tempo che ancora stiamo vivendo, con una nuova creazione continua. Ma questa stagione dello Spirito possiamo caratterizzarla come la stagione della Madre! Noi stiamo vivendo il tempo della Madre!
Perché il tempo del Padre è iniziato con Adamo, con l’uomo, e si è concluso con la crocifissione, morte e risurrezione del nuovo Adamo. Ma il tempo dello Spirito, la nuova creazione, avrà un solo estuario: l’unione del cielo con la terra.
Questa stagione è quella della Madre. Dio ricomincia da una donna, da Maria di Nazareth: da Lei trae il nuovo Adamo, il Figlio suo, e abbiamo da una parte il cielo e dall’altra la terra, da una parte Dio, dall’altra l’umanità, da una parte il Santo, dall’altra i peccatori: i traditori come Pietro, i vigliacchi come i discepoli, le coraggiose donne che hanno seguito Gesù. Una storia, quella della Chiesa che nasceva, fatta di ferite, di titubanze, di paure, di gelosie”.
“Così si presenta la Chiesa a Pentecoste – ha concluso il Vescovo Mario – e fra il cielo e la terra, fra Dio e l’umanità, fra il Santo e i peccatori, ci sta la Madre. È Lei: specchio di cielo, riflesso di terra; è Lei calamita dello Spirito, è nel nome di Maria, la Madre, che l’amabilità di Dio o la maternità di Dio, che è lo Spirito, scende su questa Chiesa. Per cui Maria diventa l’icona stessa della Chiesa, in questo connubio di maternità d’amore, di misericordia purificatrice, di respiro rigenerante.
Cerchiamo di vivere come Maria, continuiamo ad essere quella Chiesa del Cenacolo, che trova in Maria la Madre, la forza del coraggio e il coraggio del martirio, della testimonianza. Per cui il Cenacolo si apre, alla piazza, alla strada, e gli Apostoli annunciano la buona novella, perché “uomini amati voi siete da Dio”.”