Mons. Semeraro: fratelli e sorelle che sciolgono le bende

Mons. Semeraro: fratelli e sorelle che sciolgono le bende

Quinta di Quaresima, «Domenica di Lazzaro». Un tropario della Chiesa Orientale canta così: «Oggi Betania, danzando di gioia per la risurrezione di Lazzaro, preannuncia la risurrezione di Cristo, datore di vita». «Dove lo avete posto?», domandò Gesù. Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto! Il pianto di Gesù ci dice quanto profondamente egli viveva l’amicizia; ci dice anche, però, quale sofferenza egli provava dinnanzi alla morte. Anche alla propria morte. Andato nel Getsèmani per pregare «cominciò a provare tristezza e angoscia» (Mt 26,37). Dio non vuole la morte, anzi fa proprio il nostro dolore, il nostro rifiuto. Avrebbe potuto scansare la sofferenza e la morte. «Salva te stesso, se tu sei
Figlio di Dio, e scendi dalla croce!» (Mt 27,40), gli diranno i passanti mentre era Crocifisso.
«Se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto», gli dirà Marta. Gesù, però, ha altre idee, non salva alla nostra maniera. Era necessario che il mistero della morte si mostrasse sino in fondo e pure che i nostri occhi si aprissero dinnanzi alla gravità del peccato. «Il salario del peccato è la morte», scrive san Paolo, concludendo, però, che «il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 6,23). Ed è ancora Marta ad aprire una breccia, da cui, in questa storia di dolore, entrerà un raggio di luce. «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno», esclama e Gesù le dice: «Io sono la risurrezione e la vita … chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». La provocazione di Gesù ci raggiunge: e tu, questo lo credi? Credere vuol dire aprirsi al dono della vita eterna. Ed ecco che Gesù gridò a gran voce: «”Lazzaro, vieni fuori!”. Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: “Liberatelo e lasciatelo andare”». Gesù ci fa uscire dalle nostre tombe, ma poi c’è bisogno di fratelli e sorelle che, nel suo nome, sciolgano le nostre bende e ci aiutino a camminare. È questa, ancora oggi, la bella missione della Chiesa: essere strumento della misericordia di Dio, aiutare l’uomo a liberarsi dalle sue schiavitù. Questo vale anche oggi, per ciascuno di noi.
C’è una donna ebrea scomparsa nella tenebra della Shoah, che membro della Chiesa formalmente non è mai stata e tuttavia ne ha svolto la missione. Etty Hillesum. Ha lasciato scritto nel suo diario: «Ieri sera pedalavo per la fredda e buia Larissestraat – se solo potessi ripetere tutto quel che ho borbottato allora: “Mio Dio, prendimi per mano, ti seguirò da brava, non farò troppa resistenza. Non mi sottrarrò a nessuna delle cose che mi verranno addosso in questa vita, cercherò di accettare tutto e nel modo migliore… Non mi ribellerò se mi toccherà stare al freddo purché tu mi tenga per mano. Andrò dappertutto allora, e cercherò di non aver paura. E dovunque mi troverò, io cercherò d’irraggiare un po’ di quell’amore, di quel vero amore per gli uomini che mi porto dentro» (25 novembre 1941). Allora, carissimi, preghiamo: o Gesù, Signore della vita, anche noi oggi pedaliamo per vie buie e fredde, ma
la nostra direzione e la nostra meta sei Tu. Oggi ti presentiamo oggi i nostri fratelli e sorelle che sono nelle bende della malattia. Donaci di convertirci a te, perché da questa crisi dai molteplici volti nasca una umanità migliore, un mondo riconciliato.