Mons. Semeraro: “vedere il mondo con gli occhi della fede”

Mons. Semeraro: “vedere il mondo con gli occhi della fede”

Passando, vide un uomo cieco dalla nascita: così comincia il racconto del vangelo di questa IV
Domenica di Quaresima. Gesù vede un uomo che non vede! Cos’è, umanamente, un cieco dalla nascita? Un portatore di handicap, risponderemo. Gli scienziati, tuttavia, ci avvertono che un cieco, specialmente se dalla nascita, impara a sentire suoni che gli altri neppure percepiscono e sa perfino identificare gli oggetti in movimento. E non si tratta solo dell’udito, ma anche del tatto, dell’odorato. Ci spiegano, insomma, che la qualità della vita dei non vedenti si basa su uno straordinario livello di sensi non visivi. Questo mi fa tornare alla memoria un testo dell’Antologia di Spoon River, una straordinaria serie di epitaffi da cui filtra la vita di un defunto. Eccola: (Io nacqui cieca). Fui la più felice delle donne, come moglie, madre e donna di casa, curando coloro che amavo e facendo della mia casa un luogo di abbondante ospitalità: perché giravo per le stanze, e per il giardino, con un istinto sicuro come la vista, quasi che avessi gli occhi sulla punta delle dita.
Gloria sia a Dio nel più alto dei cieli. Paradossalmente, potrebbe essere la descrizione di chi vede le
persone, le cose, il mondo con gli occhi della fede. Si dice che la fede è cieca. È solo un si dice; la fede, in realtà – quella che ci è donata come grazia – permettere di vedere l’invisibile. Un po’ come insegnava la volpe al Piccolo principe: «non si vede bene se non con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi». Quelli materiali, intendeva. Il cuore, la fede. Se noi facessimo come la cieca della poesia: rendere gloria a Dio e delle nostre comunità fare case di abbondante ospitalità! Nel racconto del vangelo ci sono dei gesti per noi strani: Gesù, abbiamo udito, «sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe” – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva» (Gv 9,6-7).
Sant’Agostino commentava: «Voi sapete già chi è l’Inviato: se il Cristo non fosse stato inviato, nessuno di noi sarebbe stato liberato dal male. Il cieco si lavò gli occhi in quella piscina il cui nome significa l’Inviato; cioè fu battezzato nel Cristo. Pertanto, se battezzandolo, per così dire, in se stesso, lo illuminò, si può dire che quando gli spalmò gli occhi lo fece catecumeno». Agostino ci invita, così, a tornare al senso della grazia battesimale: illuminazione. «Credete nella luce, per diventare figli della luce», ci dice Gesù (Gv 12,36). E io penso con grande affetto anche ai nostri Catecumeni, che dopo la loro «elezione» nella prima Domenica di Quaresima, si stanno preparando a celebrare i Sacramenti della Iniziazione Cristiana. La situazione di emergenza ci chiede di portare questo rito alla vigilia di Pentecoste. L’attesa accresca il loro desiderio, nella certezza che nel loro desiderio ciò che attendono si avvicina sempre di più. E anche noi accresciamo il desiderio; facciamolo anche guardando ai nostri catecumeni, perché sono i germogli della nostra Chiesa di Albano. Dio vi benedica.