Mons. Tomasi: “nella croce di Cristo la forza del dono di sé, la forza dell’amore”

Mons. Tomasi: “nella croce di Cristo la forza del dono di sé, la forza dell’amore”

Una Celebrazione semplice e ricca di segni allo stesso tempo, ricca di Parola, ricca di preghiere, quella che mons. Tomasi ha presieduto venerdì pomeriggio, alle 15, in una cattedrale vuota, presenti solo i sacerdoti concelebranti, il diacono e le poche persone che stanno accompagnando il Vescovo nelle celebrazioni di questo tempo.Una celebrazione trasmessa in diretta da Antenna 3 e in streaming sui siti diocesani.

Nel venerdì santo, primo dei giorni del triduo pasquale, nel quale si fa memoria della Passione e morte di Gesù, l’ingresso processionale dei sacerdoti e del diacono è avvenuto nel silenzio, senza il canto; il Vescovo, poi, si è prostrato a terra, da solo, davanti all’altare.

Altro gesto importante quando il Vescovo si è tolto la casula, per inginocchiarsi davanti al crocifisso e poi baciarne i piedi, lui solo, mentre i sacerdoti, scesi dal presbiterio, sono saliti uno alla volta per genuflettersi, dopo di lui, davanti alla croce.

La liturgia della Parola ha offerto la grande profezia, tratta da Isaia, del servo sofferente, che si immedesima nel Cristo, uomo dei dolori, mentre il salmo 30 riportava le parole di Gesù sulla Croce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”; poi la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, che dipinge Cristo come colui che “imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono”; infine, il Vangelo della Passione del Signore secondo Giovanni, letto a tre voci.

E poi, dopo la Parola e l’omelia, la preghiera universale: per la Chiesa, per il Papa, per gli ordini sacri e i fedeli, per i catecumeni, per l’unità dei cristiani, per gli Ebrei, per i non cristiani, per coloro che non credono in Dio, per i governanti, per i tribolati. Una preghiera particolare, quest’ultima, nella quale sono risuonate le sofferenze di questo tempo: “Perché il Signore liberi il mondo dalle sofferenze del tempo presente, allontani la pandemia, scacci la fame, doni la pace, estingua l’odio e la violenza, conceda salute agli ammalati, forza e sostegno agli operatori sanitari, speranza e conforto alle famiglie, salvezza eterna a coloro che sono morti”.

Ha commentato brevemente le parole di Gesù nella sua passione, il Vescovo nell’omelia. Ecco la sua riflessione:

Chi cercate? Cercano Gesù per arrestarlo, con lanterne, fiaccole e armi. Anche Pietro ha una spada (ma da dove la tira fuori, perché ce l’ha con sé: si vedeva già combattente per il Regno di Dio?). “Sono io” – risponde Gesù. E a Pietro dice: “Riponi la spada”. Il calice glielo ha dato il Padre, ed è un mistero di amore: il calice offerto e il calice accolto e bevuto, fino in fondo.  Ma la spada no, non ha posto, perché qui non c’è odio. Non c’è guerra. C’è la forza del dono di sé. Dell’amore.

“Perché mi percuoti?” dice alla guardia zelante il prigioniero Gesù, che sa che presto verrà flagellato, coronato di spine, inchiodato alla croce. Cosa sarà mai quello schiaffo? È la sua dignità che è in gioco, il valore della verità e il valore di ogni voce che pretende difesa della dignità propria e altrui. Della dignità dell’uomo. È troppo importante per tacere. Oggi, come allora.

“Ecco l’uomo!” È profeta involontario Pilato, lui che dubita dell’esistenza della verità, dice la verità. Ecco l’uomo: “In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato – in Gesù – trova vera luce il mistero dell’uomo”. Se voglio scoprire chi sono, chi sono veramente, devo guardare lui. Lui qui. Lui sulla croce.

“Ecco tuo figlio”. “Ecco tua madre”: che regalo di amore infinito, che meraviglia. Tradito, rinnegato, abbandonato, crocifisso, insultato, morente. E a cosa pensa Gesù per il discepolo che amava? Che cosa pensa per noi? Quale il suo giudizio su di noi? Ci dona una madre, ci dona la Madre. La comunità sotto la croce – le donne, il discepolo amato – diventa famiglia nuova, nuova comunità. Ed è così anche per noi. Nel passaggio di Gesù al Padre, la casa di ogni credente diventa luogo di amore e di accoglienza per l’altro. Con un cuore di madre. Alla presenza della Madre.

“È compiuto”. Missione compiuta, dicono i condottieri del mondo, quando pensano di aver vinto, perché pensano ancora che una qualunque guerra possa essere mai vinta. “È compiuto”. Gesù ha fatto anche l’ultimo passo: “Li amò fino alla fine”. Ora possono sgorgare acqua e sangue, battesimo ed eucaristia, acqua che fa fiorire il deserto, sangue che è vita e spirito e calore. In questa vita siamo noi: si compia in noi questo amore.