L’omelia del Patriarca Francesco Moraglia durante la Messa nella Pasqua di Risurrezione del Signore (Venezia, Basilica Cattedrale di San Marco – 12 aprile 2020).
Carissimi,
col canto dell’alleluia giunga a tutti l’augurio di Santa Pasqua!
Ringrazio Rete Veneta e Antenna 3 che ci permette di farvi partecipare, seppur in modo mediatico, alla Celebrazione eucaristica.
Saluto il Signor Prefetto, il Signor Sindaco; ho sentito questa mattina, anche il presidente Zaia che è ora a Marghera per coordinare l’unità di crisi. Anche a lui, insieme al Prefetto e al Sindaco, dico il mio grazie e il mio augurio di una buona Pasqua. Saluto anche il Comandante dei Carabinieri di Venezia.
In questa Santa Messa di una Pasqua veramente anomala, inusuale, portiamo all’altare i tanti dolori di questi mesi, i tanti morti, che non hanno potuto avere il funerale, l’ultimo commiato con la presenza dei loro cari. Consentitemi di ricordare qui Giorgia, che lascia due figli, Giacomo e Carlotta, insieme al marito Marco e con vera, vera commozione il nostro carissimo diacono Giulio Saltarin che lascia la moglie Lilia. Ricordiamo però tutti i deceduti senza distinzione: una preghiera per loro, un ricordo particolarissimo va con rispetto infinito ai troppi medici e operatori che hanno pagato con la loro vita il loro generoso servizio ai contagiati di Covid 19.
Affidiamo al Signore la nostra volontà di ripartire, ne rispetto delle regole e sapendo che i Veneti danno il meglio di sé quando si è chiesto loro di stringere i denti e rimboccarsi le maniche. Siamo abituati a farlo!
Il segretario generale di Unioncamere Veneto, il dott. Roberto Crosta, che è anche e presidente della Nuova Fondazione Marcianum, ricorda: «La ripresa? E’ difficile! Servirà un supporto alle imprese e il raccordo tra la Regione e le Camere di Commercio (e io aggiungo anche il comune di Venezia, perché è particolarmente esposta, in quanto vive di turismo e il turismo sarà un reparto che faticherà molto a ripartire a livello mondiale), le associazioni, dovranno ad un patto tra loro, pensare politiche serie di sostegno – e ancora- ….Serve un patto tra le associazioni di categoria e i sindacati perché i corpi intermedi siano un luogo di dialogo costruttivo…». [Vedi intervista su Avvenire, 12 aprile 2020 a Roberto Crosta, pagina A14].
L’evangelista Marco, protettore di tutte le terre venete, certamente ci aiuterà nella difficile progressiva fase della ripartenza!
Facciamo nostra l’esortazione del vangelo appena proclamato:
<<L’angelo disse alle donne: «Voi non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto, infatti, come aveva detto; venite, guardate il luogo dove era stato deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: “È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete”. Ecco, io ve l’ho detto». >> (Mt 28, 5-7).
Pasqua annuncia la vita; la vittoria della vita sulla morte; in Gesù risorto si torna a vivere; questa è la certezza che deve guidarci, in questi giorni segnati da tanti lutti, in attesa dei giorni della ripresa; la vita è più forte della morte. La morte non è l’ultima parola sull’uomo.
Così, come sempre accade, i problemi rimbalzano e sedimentano sul territorio, dove la gente, non fa politica astratta, ma vive concretamente e ha bisogno di risposte che indichino strade percorribili. Così, Covid 19, ci ha “costretti” a fermarci; l’Italia è un paese fermo che deve ripartire. Ma costringendoci a fermarci, Covid 19 ci ha obbligati a riflettere.
La nostra società così frenetica ha bisogno di tornare a riflettere uscendo dal pensare politicamente corretto, che interessa solo ai politici di professione: bisogna uscire da schemi preconfezionati, da parole che risuonano retoriche e, quindi, non vere.
La nostra, epoca, erroneamente, pensava di aver archiviato le ideologie: e, invece, è portatrice di un’ideologia più sottile e insidiosa, quella del riduzionismo, ossia, non saper o non voler cogliere il tutto, che ha anche un altro nome: bene comune!
Non è possibile fermarsi ad un aspetto, fermarsi ad un particolare o isolare una parte o un interesse considerandolo come il tutto. Alcuni esempi, la generazione ridotta a mera riproduzione; l’educazione a pura istruzione; la politica a governabilità dimenticano la rappresentanza reale della democrazia.
Dobbiamo andare oltre il pensiero strumentale, ossia, efficientista, quello che si pone solo alcune domande, ad esempio, quelle del “come posso fare una cosa?” o “in che modo?” si fa una cosa e non sul “perché” la si fa o se “è bene farla?”.
La crisi dell’Occidente, prima di tutto, è culturale, sono venute meno le domande sul “senso” della vita e che fondano l’etica, e una società senza etica non ha presente e non ha futuro. Sì, prima di chiedersi “come” fare una cosa bisogna chiedersi “perché” la si fa o se è bene farla.
Il desiderio di tornare a pensare, stimolati dal dramma che stiamo vivendo, ci porta ad interrogarci sulla vulnerabilità personale e sociale.
Certo non dobbiamo interrogarci spinti dalla paura, ma serenamente, partendo dai fatti, contro cui si scontrano le opinioni personali; pensavamo d’esser invulnerabili, i fatti ci dicono che non lo siamo!
Ritornando al Vangelo; anche le donne, al sepolcro si scontrano con la realtà che si impone loro; ciò che vedono è per loro alquanto problematico; la vigilia del sabato, avevano lasciato Gesù morto, nel sepolcro, chiuso dalla grossa pietra che lo custodiva; di questo esse erano assolutamente certe
Ma, a Pasqua, si compie il progetto di Dio che è Gesù, risorto che sconfigge la morte e che va oltre i pensieri e le speranze e le opinioni degli uomini:
<<L’angelo disse…cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto>> (Mt 28, 5-7).
Questi giorni di pandemia hanno scardinato molte nostre certezze, per cui, anche chi non era incline a riflettere e ad interrogarsi è invitato a farlo; pensavamo d’essere protetti dalle tutele assicurative, sanitarie, pensionistiche e, invece, ci siamo riscoperti fragili, oltremodo vulnerabili: i fatti ci hanno riportati alla dura realtà.
I fatti ci obbligano come furono obbligate le donne, la mattina di Pasqua; arrivarono al sepolcro con le loro certezze (Gesù è morto), con la memoria viva di ciò che avevano visto con i loro occhi la sera della vigilia del sabato.
Le nostre certezze, le nostre esperienze! E, invece, oltre queste c’è, ben più reale, l’Amore eterno, onnipotente di Dio Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre, che diventa in Cristo risorto, vita che non ha fine; ciò che per l’uomo è impossibile, per Dio è possibilissimo, è l’offerta del Suo Amore nel Figlio; questa è la Pasqua! Così, le donne al sepolcro sono “condotte” a riconoscere che vi è qualcosa più “forte” delle loro certezze.
La Pasqua cristiana è, quindi, quel piccolo seme che cadendo in terra, muore e solo così diventa spiga e produce frutto in abbondanza o diventa albero tra i cui rami gli uccelli vengono a farvi il nido.
Il cristianesimo nasce proprio come la vita che sconfigge la morte; la vita eterna è un riverbero dell’eterno amore di Dio. Chi non crede nella vita eterna non crede nell’amore eterno di Dio.
La Pasqua conduce così l’uomo oltre i suoi pensieri, i suoi desideri e gli spalanca orizzonti nuovi. Il punto è il modo in cui si guarda il sepolcro; il sì, della fede, infatti, è l’esito di un dialogo, di un interrogare se stessi, partendo dalle domande sul “senso” della vita, dell’uomo, di Dio.
Dio è Padre, e vuole essere considerato come Padre, non va trattato come un calcolo matematico, non lo possiamo considerare come un esperimento di fisica o una reazione chimica. Il pensiero scientifico rimane valido nel suo ambito, non può essere trasportato in altri ambiti, lo stesso vale per la filosofia e la teologia.
È come se io volessi fare poesia enunciando dei teoremi matematici o se volessi fare un esperimento fisico con i canoni della poesia romanza.
Ora, se un figlio scrive una lettera a suo padre e gli confida i segreti del suo cuore, sa che non sta dimostrando un teorema di geometria o che non sta scrivendo una lettera commerciale.
C’è, quindi, come detto, modo e modo di guardare il sepolcro vuoto, di leggervi i segni che esso custodisce, di collegare il tutto alla vita di Gesù, al suo Vangelo, che è annuncio di salvezza.
Una lettura non condizionata da stati emotivi, da pregiudizi ideologici, scientistici, ma in sintonia con le domande che la fede suscita diventa una crescita, un dialogo verso una luce nuova, la luce di Pasqua, la luce di Gesù risorto.
Una nuova vita che, non riguarda innanzitutto, i comportamenti esteriori, ma la conversione del cuore e che chiama in causa non solo affetti e sentimenti, ma anche lo stesso modo di pensare l’uomo, di pensare la famiglia, di pensare la società: la cultura fa parte della fede, declinata in modo rigorosamente laico.
I valori umani che nascono dal Vangelo non possono essere avvertiti solo emotivamente, ma anche pensati e proposti in termini di bene comune.
Carissimi, con l’aiuto di Dio, nei prossimi mesi dovremo non solo cercare equilibri nuovi, ma trovare una nuova saggezza nell’organizzare la filiera che conduce al bene comune di un territorio, di uno Stato, di una comunità di Stati, del mondo intero. Anche in questo ci aiuti la luce di Pasqua che guarda all’uomo, prima, nel suo bisogno di solidarietà e inclusione, poi di consumo e anche di performance.
In questo periodo di emergenza sanitaria e di grande difficoltà economica dobbiamo riflettere sulle nostre responsabilità di uomini in ordine al senso dell’esistenza di un domani che ci attende e che non sarà né facile, né scontato. E proprio per questo non ci fa paura! Per questo dobbiamo imparare a vivere il messaggio della Pasqua non solo all’interno dei nostri cuori, ma anche come annuncio dato al mondo di oggi.
E’ nel cantiere della storia che si costruisce la vera speranza cristiana, ossia, la certezza che Cristo ha vinto, insieme al peccato, ogni atteggiamento disumano: a noi, suoi discepoli, dirlo nella fede facendoci portatori di una nuova visione dell’uomo che guarda proprio all’umanità di Cristo che è il progetto di Dio per una storia riconciliata e riconciliante.
Colei che in questo tempo pasquale viene salutata come “Regina coeli” – “Regina del Cielo” aiuti tutti a saper portare un po’ di cielo nella nostra convivenza quotidiana, ovvero ci aiuti a portare un raggio di autentico amore!
Il Signore è davvero risorto! Auguri a tutti!
Al momento della benedizione finale, il Patriarca ha aggiunto alcune parole di saluto, a braccio:
L’augurio di Santa Pasqua a quanti hanno partecipato da casa a questa celebrazione; grazie al servizio che in questa Settimana Santa ci ha offerto Antenna 3 e Rete Veneta e anche Gente Veneta facebook.
L’alleluia pasquale per il cristiano corrisponde quest’anno con la volontà di imboccarsi le maniche: dobbiamo ripartire, rispettando la prudenza, andare passo dopo passo.
Avere delle regole e rispettarle significa avere una comunità libera, una comunità responsabile e la responsabilità inizia proprio dal nostro sorriso, dal nostro ottimismo, anche quando non è facile guardare le cose sorridendo con ottimismo.
Il vero ottimismo dell’uomo responsabile è ‘ottimismo cristiano. A tutti di cuore imparto la benedizione pasquale.