Per ripartire occorre ritrovare la serenità

Per ripartire occorre ritrovare la serenità

Serenità. Potrebbe stridere scrivere di questa condizione emotiva, mentre intorno snocciolano ancora bollettini di contagiati, ricoverati e morti a causa del Covid-19. Lo faccio perché credo che tutti, anche in questo frangente, debbano tendere verso la serenità.

Dobbiamo ritrovarla nel quotidiano, anche se ci chiede di fare i conti con distanziamento, mascherine e guanti. Una suora mi ha detto: «Speriamo di rivederci presto senza queste mascherine. Di riabbracciarci». Le ho risposto: «Non sono queste il problema. Il mio desiderio è poterci rivedere con serenità».

A mio parere, senza questa condizione, che richiede una predisposizione, un lavoro interiore, sarà molto difficile vivere la fase 2 dell’emergenza sanitaria. Saranno solo scintille.

Si assiste fin d’ora ad una lotta tra Guelfi e Ghibellini. Su ogni tema; complice la “cloaca” in cui spesso si trasformano i social media. Altro che serenità. Tranne rare eccezioni, ci si approccia a tutto con acrimonia e pregiudizio, certi che la mia verità è la Verità.

La Verità, per noi che crediamo – se crediamo – è una: Cristo. Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14, 6). Non è possedere o conoscere. È un modo di vivere. Gesù è amore. Anche le nostre parole e azioni devono rivelarlo, dando luce.

«La verità è sempre coraggiosa e amabile. Quando invece è arrogante, senza tenerezza, è una malattia della storia che ci fa tutti malati di violenza. La verità dura, gridata da parole come pietre, quella dei fondamentalisti, non è la voce di Dio», scrive padre Ermes Ronchi. Ricordiamolo nei cortili della nostra vita: più che difendere la nostra verità, siamo Verità. Non è facile. Tuttavia, potremmo sperimentarlo nella questione delle questioni che ha animato il contesto ecclesiale italiano: le Celebrazioni senza popolo.

Quanti scontri tra fratelli per difendere le rispettive verità dimenticando – io per primo – di essere Verità: amore per l’altro, comprensione e dialogo, guida e ammonimento.

La Chiesa italiana ha condiviso, «certo con sofferenza, le limitazioni imposte a tutela della salute di tutti, senza alcuna volontà di cercare strappi o scorciatoie, né di appoggiare la fuga in avanti di alcuni; ci siamo mossi in un’ottica di responsabilità, a tutela soprattutto dei più esposti», ha detto il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti. Non lo dimentichi nessuno. I Vescovi lo hanno fatto per amore del loro popolo e per il bene della Chiesa.

In tutto questo tempo non si è mai smesso di lavorare affinché si potesse ritornare a celebrare insieme l’Eucarestia. Un risultato raggiunto, consapevoli che bisognerà rispettare dei protocolli e la norma non scritta, il buon senso. Non è una conquista o un riconoscimento. È il lento ritorno alla normalità, che ci auguriamo sia caratterizzato dalla serenità.

Salvatore D’Angelo, direttore di Insieme