“Il giorno più lungo, più difficile, incastonato tra le tenebre del Venerdì Santo e l’alba di Pasqua, il giorno del silenzio di Dio, dello smarrimento dei discepoli, del loro pianto disperato quando tutte le aspettative vengono meno e le stesse parole della fede sembrano prive di forza, di mordente, di verità”. Don Ivan Maffeis, sottosegretario e portavoce della Cei, definisce così il Sabato Santo che è anche “il giorno di Maria, la madre, che, nel dolore per la morte del figlio, non smette di aspettare, di credere che il sepolcro non resterà alla fine della strada”.
Il senso di questo giorno, ammette don Maffeis, “è dilatato dalla grave situazione sanitaria ed economica nella quale ci troviamo, con tutte le insicurezze e le paure che ci butta addosso”. Secondo il sottosegretario della Cei, tuttavia, “è un giorno che più che subire, possiamo provare ad abitare”. Ad esempio, “coltivando la memoria dei nostri cari non solo con la nostalgia, non solo col dolore del distacco e dell’assenza, ma facendo nostro il loro esempio di vita, la loro fiducia in Dio, i tanti segni che ci hanno lasciato e che costituiscono il vero patrimonio di ciò che siamo”.
L’invito è allora quello di vivere “questo lungo Sabato Santo, questa stagione di mezzo con perseveranza, con la pazienza dell’attesa, senza smettere di leggere questo nostro tempo con uno sguardo di fede che non vuol dire sottovalutare le difficoltà, ma credere che Colui che fa nuove tutte le cose non si dimentica né del crocifisso né in Lui di ciascuno di noi”.