La prima goccia d’inchiostro la voglio tutta piena di una certezza: il Signore ci è vicino, vive con noi e ci sostiene in questo momento così particolare.
La fede è dono, ma anche decisione e coraggio. Decisione che il credente prende a ragion veduta, coraggio che lo rende forte. C’è, invece, chi attribuisce la sua vita e gli avvenimenti, belli e brutti, al destino; c’è chi collega alle circostanze fortuite l’amore che ha cambiato la sua vita o al caso il prodigio di una nascita. La fede aggancia passato, presente e futuro ad un progetto d’amore più grande: non subisce il tempo e gli avvenimenti, ma vede in essi un appello. Più che mai la fede è una risorsa per questi giorni difficili. L’epidemia da “Coronavirus” rende evidente, da una parte, la nostra fragilità, ma ci spinge, dall’altra, a tirar fuori il meglio di noi: l’ingegno, la solidarietà, la creatività. Ho visto in questi giorni la dedizione e l’impegno di tante persone per il bene della comunità, credenti e non credenti (amministratori, medici, infermieri, volontari della Protezione civile, ecc.). Tutti uniti: l’antivirus della fraternità.
Stiamo sperimentando l’interdipendenza che ci lega tutti; in questo senso il contagio costituisce una severa lezione. Sentiamo di più l’unità familiare, nazionale, internazionale. Traiamo profitto da questa consapevolezza, una consapevolezza da tenere presente anche per il dopo. Intere popolazioni sul pianeta soffrono periodicamente di epidemie e sofferenze.
I comunicati stampa, i messaggi e i decreti che si susseguono creano, talvolta, disorientamento a seconda delle interpretazioni. C’è chi le legge con rigore e chi a modo suo. Invito i miei principali collaboratori, i sacerdoti, a fare proprio quello che le autorità civili e sanitarie domandano.
Facciamolo anzitutto come risposta alla nostra coscienza che ci impegna al bene comune: la salute di tutti.
Alle nostre comunità, riconosciute più che mai realtà aggreganti e significative, vengono chieste delle restrizioni che toccano momenti celebrativi importanti come i Battesimi, le Esequie, le benedizioni pasquali alle famiglie e soprattutto la S. Messa. Si è costretti ad una sorta di “digiuno eucaristico”. Oltre alle restrizioni in campo liturgico, sono da considerare la sospensione della catechesi e della vita dei gruppi. Sostegno e informazioni sono assicurati dal sito diocesano e da altre forme di comunicazione da parte delle parrocchie. C’è chi ne soffre, c’è chi si sente più povero, c’è chi protesta. Ma questa momentanea privazione accrescerà il desiderio, purificherà dall’abitudine, ne farà comprendere ancor più il valore e, soprattutto, ci educherà al culto «in spirito e verità».
Questi giorni ci fanno ritrovare la dimensione dell’intimità e della casa: giorni che possiamo dedicare maggiormente all’ascolto, alla lettura, alla condivisione, alla preghiera, a tutto quello che tempera il ritmo così frenetico della nostra vita. Perfino i nostri bambini e i nostri ragazzi hanno l’opportunità di sperimentare altre forme di didattica, senza nulla togliere al rapporto diretto.
Il mio pensiero va a chi vive in prima persona il contraccolpo economico: artigiani, imprenditori, ristoratori, operatori turistici, ecc. È una crisi che coinvolgerà tutti. Sono certo che la politica saprà, come in altre circostanze delicate, trovare soluzioni condivisibili.
Un pensiero e una preghiera speciale per chi è solo, ammalato o in grande ansietà. Vorrei che ognuno di loro pensasse nei momenti di buio: il vescovo Andrea sta pregando per me!
Come saremo quando tutto sarà passato? Torneremo alla laboriosità che ci caratterizza. Torneremo a stringerci la mano e a non farci mancare gli abbracci. Ci ritroveremo ancora più persuasi che gli altri sono «miei fratelli». Riemergerà ancora più forte il bisogno di comunità.