Le attuali manifestazioni di giubilo in onore di San Pardo, si svolgono dal 25 al 27 maggio di ogni anno (con esclusione di quello presente per le note ragioni). Poco prima del tramonto del primo giorno, San Pardo “manda” simbolicamente un “invito” a tutti i Santi venerati nelle varie chiese cittadine, perché essi prendano parte al “trattenimento” indetto in quella particolare circostanza, paragonabile, in qualche modo, ad un banchetto nuziale. I simulacri raggiungono la cattedrale dove vengono sistemati lungo le due navate laterali, per “far compagnia” a San Pardo ed esser pronti a partecipare alla grande processione in suo onore del dì seguente.
Manca, però, l’ultima effige, quella di San Primiano, il primo dei tre Martiri Larinesi nonché Compatrono della città e diocesi, che viene prelevata in una forma molto più imponente, poiché si tratta, questa volta, di una “convocazione” davvero speciale. Sono gli oltre centoventi carri, dalla foggia trionfale o dal formato a capanna, buona parte di cui trainati da buoi, artisticamente addobbati e ricoperti di fiori che, subito dopo il tramonto, si avviano lentamente dal centro storico medioevale verso la parte alta dell’antico capoluogo frentano, e precisamente sul sito dove, sotto Diocleziano, furono martirizzati i tre Larinesi Primiano, Firmiano e Casto. In questo luogo, accanto ai resti di una basilica paleocristiana e proprio su quelli del famoso monastero benedettino di San Primiano, dagli albori del Settecento, sorge un piccolo tempio dedicato allo stesso primo Martire Larinese. Qui la statua di San Primiano è deposta sull’ultimo dei carri, quello più antico.
A notte fonda si registra il momento culminante dell’affascinante manifestazione in cui “domina”, in assoluto, l’immagine del Compatrono. I carri, immersi in una lunga scia di luci, ritornano nella piazza antistante il duomo per collocare all’interno del monumentale sacro edificio anche il simulacro di San Primiano.
Il giorno successivo ricorda l’arrivo in città delle reliquie e la proclamazione di San Pardo a Patrono principale di Larino e diocesi. Nella parte centrale della giornata, la sfilata dei carri, con la processione dei Santi, si snoda da un capo all’altro del quartiere medioevale offrendo la possibilità di ammirare uno scenario meraviglioso.
Il terzo giorno, sempre in forma solenne, il simulacro di San Primiano viene riaccompagnato nella sua abituale dimora. I carri partono dal centro storico medioevale intorno a mezzogiorno per ritornarne nel tardo pomeriggio. Verso sera, le immagini degli altri Santi tornano nei luoghi dove erano state prelevate due giorni prima.
Di San Pardo sono note due biografie, una di autore anonimo del X secolo e l’altra scritta da tale Radoino tra il XII ed il XIII secolo. Entrambe, però, come sottolinea lo Storico Salvatore Moffa “non aiutano a proiettare sul personaggio una luce sufficientemente chiara o sicura per l’economia di informazioni”. Prima di proseguire è opportuno far cenno che potrebbe trattarsi solo di due versioni e non di due vite, una più breve e l’altra più lunga, compilate a Benevento da Radoino, forse monaco del locale cenobio di Santa Sofia, verso la metà del X secolo.
Le fonti concordano nel ritenere che il Vescovo Pardo, costretto a lasciare il Peloponneso si recò a Roma dal Papa che lo autorizzò a ritirarsi nei pressi di Lucera.
Trattano, poi, delle vicende legate alla traslazione delle sue spoglie mortali dalla città dauna a quella frentana. Gli abitanti di Lesina e Lucera, approfittando della desolazione di Larino provocata dalla distruzione saracena, trafugarono i corpi dei Martiri Primiano e Firmiano e li portarono a Lesina dove, ancora oggi, sono venerati come Patroni. I larinesi superstiti, accortisi del furto, decisero di ricercare i resti mortali dei loro Santi concittadini ma, giunti nelle vicinanze di Lucera, trovarono il sepolcro di San Pardo. Decisero, così, di appropriarsi del corpo di quest’ultimo Santo, lo deposero su un carro trainato da buoi e tornarono a Larino.
Dalle biografie non è possibile conoscere con esattezza alcuni aspetti fondamentali di San Pardo come il periodo in cui visse e la cattedra episcopale dove svolse la sua azione pastorale. L’unico dato che emerge con chiarezza da una di esse, è il nome del Papa (San Cornelio -251/253- l’unico finora così chiamato) dal quale il Santo Vescovo fu accolto a Roma.
Fonti lucerine, forse anche per la precisa indicazione riguardante il Pontefice San Cornelio, ritengono che San Pardo sia stato Vescovo di Lucera nell’anno 252 ma, a tal proposito, va precisato che le prime testimonianze storiche concernenti la presenza della cattedra episcopale nella città dauna sono del V secolo, anche se il messaggio evangelico, con ogni probabilità, vi giunse tempo prima.
Mons. Tria e l’Abate Giovanni Battista Pollidoro, che commentò e pubblicò a Roma nel 1741 le biografie, sostengono che San Pardo visse tra la fine del VI e la prima metà del VII secolo.
Un dato interessante è offerto dal noto Storico Francesco Lanzoni che, nella sua opera sulle diocesi italiane, trattando di un Vescovo dauno di nome Pardo partecipante nell’anno 314 al Concilio di Arles, nota città della Francia, in Provenza, sulle rive del Rodano, non esclude che il San Pardo venerato a Larino possa essere proprio quel “Pardus episcopus” presente all’assise convocata dall’Imperatore Costantino per tentare di risolvere la controversia donatista.
Studiosi contemporanei danno per certo il Pardo del 314 appartenente alla comunità cristiana dauna di Salpi o Salapia, città romana fondata nel I secolo a. C., che sorgeva poco più di venti km a sud di Siponto, l’attuale Manfredonia e di poco a nord di Trinitapoli. C’è anche chi sostiene che si tratti di Arpi, antica città posta nei pressi dell’attuale Foggia.
Considerato che di un Pardo (appellativo da sempre non comune) Vescovo dauno dei primi secoli del Cristianesimo ci è stato tramandato finora un solo documento storico, e cioè quello in cui il suo nome figura chiaramente come terzo sottoscrittore degli atti conciliari approvati ad Arles nel 314, è lecito ritenere discretamente fondata l’ipotesi del Lanzoni sul fatto che il Presule in questione ed il San Pardo Patrono di Larino e diocesi siano la stessa persona.
Giuseppe Mammarella, responsabile dell’Archivio storico diocesano e della Biblioteca