È una quaresima insolita, strana. La nostra quotidianità è cambiata all’improvviso per una ragione che non abbiamo scelto noi. Non c’è la possibilità di trovarsi insieme per prepararci alla Pasqua, ma abbiamo uno strumento da utilizzare per sentirci più vicini e più Chiesa: i social. Possiamo essere uniti stando a casa, possiamo essere #unitiadistanza. Puoi raccontarcelo con una semplice storia di Instagram taggandoci e usando l’hashtag #unitiadistanza.
“L’immagine biblica che mi dà forza in questa circostanza è quella dell’esilio. Questo contagio ci sta, volenti o nolenti, esiliando dalla terra della nostra vita quotidiana, dalle nostre reali, presunte e presuntuose sicurezze, dalle nostre buone e forse meno buone abitudini. Il popolo di Dio, esiliato, perde tutto: gli rimane la fede, la preghiera e la dedicazione della propria vita agli altri, come espressione concreta della propria dedicazione a Dio. La prova, così si rivela il morbo dilagante, è il luogo del combattimento della fede. Il Signore ci indica nel silenzio e nell’ascolto della sua Parola, nella pazienza e perseveranza e nella preghiera e della carità vicendevole, le armi del nostro combattimento spirituale” (Vescovo Francesco, Lettera ai fedeli bergamaschi).
E tu? E noi? Come vivi/viviamo questo “esilio” dalla normale quotidianità? Raccontiamo il nostro modo di riflettere e pregare per camminare insieme verso la Pasqua. Tutto può essere fonte di riflessione: una foto al tramonto dal balcone di casa, una canzone suonata con la chitarra, un’iniziativa dell’oratorio, uno screen shot di una videochiamata con i nonni o qualcuno che non possiamo incontrare, un disegno fatto per ingannare il tempo, una frase di un libro che ci è caro o un evento che ci ha colpito.
Che tu sia un adolescente, un giovane, una mamma, un papà o un sacerdote non importa: tutti possono condividere il loro modo di riflettere per aiutare tutti nella preghiera. Tutti possiamo collaborare per essere #unitiadistanza. Da oggi, tutti i giorni – on line! – con le nostre storie.
