Invocazioni all’Altissimo dei figli di Abramo per i sofferenti nel tempo della pandemia. Il saluto del card. Betori

Invocazioni all’Altissimo dei figli di Abramo per i sofferenti nel tempo della pandemia. Il saluto del card. Betori

Impossibilitato, a causa di impegni pastorali stabiliti in precedenza, a prendere parte a questo appuntamento di preghiera così significativo e opportuno, desidero far giungere il mio fraterno e sentito saluto a tutti i partecipanti, assicurando la mia personale preghiera e la viva adesione allo spirito dell’iniziativa.

La nostra città coltiva da sempre il genio della fraternità, iscritto nella bellezza stessa delle opere artistiche che custodisce e che ne fanno una meta attrattiva per persone che vi arrivano da ogni parte del mondo. Un genio che si è rivelato anche nelle commoventi pagine di amicizia e di carità che ne hanno segnato la storia. Proprio Santa Croce ne è stata testimone diretta nelle drammatiche ore dell’alluvione del 1966, cui fece seguito un’ondata straordinaria di solidarietà internazionale che seppe fare di quella tragedia un’occasione di crescita e di sviluppo per tutti.

Oggi siete qui per rinnovare, in un certo senso, quello spirito di fraternità, di fronte a un’emergenza diversa, ma non meno profonda e simbolica nel suo aver interrotto le nostre relazioni e averci costretto a quel distanziamento che potrebbe fiaccare il nostro cammino di fraternità. E senza dimenticare le moltissime persone che stanno subendo gravissime conseguenze economiche e sociali con la perdita del lavoro, la povertà e l’abbandono: vittime non meno sofferenti delle persone che sono state direttamente contagiate dal virus.

La mia speciale gratitudine va dunque a chi ha deciso di promuovere questo momento di invocazione all’Altissimo dei figli di Abramo, facendo opportuna eco all’iniziativa della giornata di preghiera, digiuno ed elemosina promossa dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana il 14 maggio scorso.

«Io ho un’ammirazione profonda per Abramo – affermava il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, oggi venerabile, aprendo il Convegno per la Pace e la Civiltà cristiana del 1953 –. E questa ammirazione profonda mi fa capire, quasi intuire le radici comuni della nostra grande civiltà spirituale». È davvero così: nella luce e nella testimonianza di grandi uomini come Abramo, Francesco d’Assisi e tanti altri, noi riconosciamo il primato della fraternità: un orizzonte, direbbe ancora La Pira, che la storia stessa indica con sempre maggiore chiarezza come inevitabile per il futuro dell’umanità.

Sono certo che le vostre invocazioni di stasera, salendo al cielo da questa grande barca della fraternità che è il complesso di Santa Croce, troveranno ascolto nel cuore di Dio misericordioso e fedele.