Mons. Moraglia: la ripartenza sia possibile per tutti e non escluda nessuno

Mons. Moraglia: la ripartenza sia possibile per tutti e non escluda nessuno

Cari fratelli e sorelle, consentitemi, innanzitutto, di esprimere ai nostri amministratori, oggi presenti in Basilica per il settimo giorno della Tredicina, il grazie più sincero; essi, nel tempo di Covid 19, sono riferimento importante per la navigazione faticosa e segnata da tanti imprevisti di questo difficile periodo. Sì, grazie per quello che fate, siete punto di congiunzione tra politica e cittadino. I cittadini sono gli uomini e le donne che vi interpellano, ogni giorno, per sapere come poter “ripartire”.

Certamente, la politica è chiamata a tener conto dei pareri degli esperti ma poi deve operare una sintesi in vista del bene comune: la persona, le famiglie, la scuola, gli anziani, le imprese, il lavoro; voi amministratori locali siete l’ultimo anello di una lunga catena che, proprio attraverso le vostre persone, entra in contatto col territorio. La difficoltà del vostro compito è grande, quindi, grazie per quello che fate e per la vostra presenza.

Viviamo questi giorni in preparazione alla festa di sant’Antonio nel clima che caratterizza – da alcuni mesi – le nostre vite e relazioni sociali.

In tempo di pandemia anche la festa del Santo risente – come del resto altre iniziative – delle attenzioni richieste per la sicurezza e la salute pubblica. Tutto ciò comporta inevitabili disagi e aggiustamenti, ma anche spinte alla creatività e all’uso dei nuovi mezzi della tecnologia.

Il cristiano, che è anche cittadino, ha a cuore le persone e il bene comune ed è chiamato ad agire in modo responsabile e prudente.

Il momento può, quindi, spingerci ad intensificare e – se del caso – a “purificare” il legame spirituale col Santo. In questo tempo non facile Antonio ci viene incontro con il suo esempio, il suo pensiero teologico e spirituale e scuote le nostre scelte personali, sociali ed ecclesiali.

La sua attenzione alla vita delle persone e della città risulta evidente dalle sue omelie (i Sermoni) – in cui appare bene come la sua predicazione volesse esprimere le autentiche virtù morali cristiane connettendole a quelle teologali (fede, speranza e carità) che riguardano Dio Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo) – portando così alla pietà verso i poveri e ad apprezzare preghiera, penitenza, umiltà.

Con eguale forza Antonio mette in evidenza e combatte con la parola e l’esempio i vizi personali e pubblici della città: l’orgoglio, l’avarizia, la lussuria e specialmente l’usura di cui fu fiero avversario, proponendo un nuovo modo di considerare la giustizia ripensando i meccanismi del credito e il rapporto fra creditori, debitori e istituzioni; cose oggi attualissime.

Covid-19 ci fa vivere una festa di sant’Antonio anomala ma, come la Tredicina testimonia, non meno attesa e desiderata.

Siamo sollecitati ad invocare l’intercessione di Antonio affinché ci aiuti nell’opera di discernimento personale e comunitario per giungere alla nostra conversione, un bene che riguarda l’intera comunità.

Questa celebrazione appartiene già alla solennità della Santissima Trinità e ci svela il vero volto di Dio Misericordia nella sua realtà più profonda. La prima lettura, tratta dall’Esodo, rivela il volto di Dio e Lui stesso dice di Sé: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà” (Es 34,6).

Il volto di Dio – a cui dobbiamo guardare – è la misericordia. E noi, riprendo alcune parole di Papa Francesco, “abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità… è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro… è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato” (Papa Francesco, Misericordiae Vultus, Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, n. 2).

Dio, nel libro dell’Esodo, si rivela come Misericordia. Anche Antonio nei due suoi soggiorni patavini (anni 29/30 e 30/31), prega e affida la città a Dio come aveva fatto Mosè: “…è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità” (Es 34,9).

È la misericordia di Dio che salva, che sostiene, che nutre e corregge l’uomo. “Sii tu il Dio che mi protegge – dice sant’Antonio –: mi proteggi e mi difendi con le braccia aperte sulla croce… tu sei il mio sostegno, affinché non cada, e il mio rifugio perché se cadrò non ad altri ma solo a te io mi rivolga… perché mi porgerai la mano della tua misericordia e mi nutrirai con il latte della tua grazia” (Sant’Antonio, Dom. di Quinquagesima, 8).

Il primo gesto che siamo chiamati a porre – nella festa della Trinità – è adorare Dio, rendere gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; Dio è l’eterna relazione di senso e d’amore. In Dio le relazioni diventano persone quando – come dicono i teologi – sono, fra loro, in opposizione, ossia, non “sovrapponibili”; tutto ciò che sembra così astratto ma, se vissuto, ci fa essere in comunione fra noi, valorizzando le differenze e trovando in esse motivo di comunione, perché, l’uomo-persona è immagine di Dio e tale immagine deve plasmare la nostra vita personale e sociale.

È quanto abbiamo pregato nel Salmo responsoriale (tratto dal libro di Daniele), ma che preghiamo anche in altri Salmi che nutrono il nostro cuore di vera lode e gratitudine come il grande canto litanico dell’amore di Dio, il salmo 135, un inno di ringraziamento che narra l’azione meravigliosa di Dio che entra nella storia degli uomini con la sua misericordia eterna e col suo amore che è “per sempre”; salmo da meditare e recitare col cuore.

Così si manifesta il Dio Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo; siamo all’origine, alla sorgente dell’amore/misericordia che dà sostanza e vita alle nostre esistenze di uomini e donne sempre in ricerca.

Ma la misericordia non è l’attributo di Dio che siamo chiamati solo a contemplare; esso ha, piuttosto, una sua dimensione “orizzontale” che intreccia la vita di tutti i giorni, le relazioni personali, familiari, sociali ed anche la politica, l’economia, la finanza, la cultura, il tempo libero. Per il cristiano, la politica è forma alta di carità ed anche la più ardua in quanto si occupa del bene comune, che non è il bene della maggioranza, ma il bene di tutti. Un bene che talvolta domanda ai singoli di fare un passo indietro e altre volte lo chiede alla comunità per far sì che nessuno rimanga indietro.

La misericordia è da vivere, come ci ha ricordato l’Apostolo nella seconda lettura: “…siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (2Cor 13,11). È la vita trinitaria di Dio, per usare ancora le parole di Paolo – “la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo” (2Cor 13,13) – che si riversa in noi e raggiunge le strade delle nostre città e tutti i gangli della vita sociale.

Sant’Antonio si è speso con tutte le sue forze e il 15 marzo 1231, a Padova, riuscì a far modificare la legge sui debiti. “Su istanza del venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell’ordine dei frati minori” – così ci tramandano le cronache – il Podestà della città Stefano Badoer stabilì che per il debitore insolvente senza colpa, una volta ceduti in contropartita i propri beni, non ci fosse più né prigione né esilio.

Antonio combatté sempre con forza l’avidità per il denaro o di chi ne permetteva l’uso distorto e finanziariamente “perverso”: da un lato c’erano gli avari, dall’altro chi praticava l’usura, a volte con metodi ed interessi più o meno “legali”. Antonio sa bene che Gesù – venuto a riscattare gli ultimi di tutti i tempi – esige una società e una città in cui ogni persona possa vivere con una rinnovata e “restituita” dignità, nella giustizia e nella pace e, perciò, proprio il Vangelo – ossia la fede cristiana – sollecita tutti ad una particolare responsabilità “solidale” nei confronti di quanti sono toccati da difficoltà, fragilità, crisi e dagli eventi che affliggono e schiacciano. Pensiamo, quindi, secondo tale logica al prossimo autunno che troverà molti in difficoltà e in sofferenza.

La pandemia, in questi mesi, ha rivoluzionato la vita d’interi continenti e ci ha fatto vivere giorni difficili. Il tessuto sociale ed economico, il mondo del lavoro, in particolare dell’impresa, sono stati e saranno sottoposti a dura prova; è essenziale che i singoli e le istituzioni – l’Europa, i governi nazionali, gli amministratori locali, i corpi intermedi, gli istituti di credito (realtà fondamentale e così delicata e provata nella nostra regione) – facciano, fino in fondo, la loro parte perché la declamata “ripartenza” sia possibile per tutti e non escluda nessuno: famiglie, anziani, giovani, diversamente abili, scuola ed educazione.

A proposito della scuola e dell’educazione, sento il dovere di spendere una parola doverosa, a favore delle scuole paritarie; in Veneto i numeri – anche se non è solo questione di numeri – sono eloquenti; riguardano, infatti, 98.000 bambini (0-6 anni) e 9.000 addetti che vi operano con passione ed impegno e a cui si devono aggiungere 5.000 volontari. Un alunno delle scuole pubbliche paritarie che, a tutti gli effetti, forniscono un servizio pubblico, costa allo Stato circa 1/9 di quanto costa un alunno della scuola pubblica statale; quindi se venissero meno le scuole paritarie lo Stato per primo ne risentirebbe.

Dinanzi alla situazione post-Covid 19 – senza un finanziamento necessario per porre in essere i presidi sanitari richiesti per tutelare insegnanti e alunni -, le scuole paritarie, a settembre, non riusciranno a riaprire; così un grande patrimonio di professionalità, di passione educativa, di dedizione sociale, a favore del nostro territorio (famiglie e bambini), verrà meno. Le scuole paritarie, nate spesso all’ombra dei campanili o come espressione dell’apostolato di ordini religiosi soprattutto femminili, sono state sempre al fianco anche delle famiglie e dei bambini in difficoltà; pensiamo poi, nell’odierna situazione, ai papà e alle mamme che, Dio non voglia, potrebbero avere difficoltà lavorative nel prossimo autunno.

La ripartenza in tutti gli ambiti potrà avvenire solo se sapremo camminare insieme, a livello di comunità internazionale e  nazionale, se valorizzeremo la connessione e il bilanciamento fra diritti e doveri, da esercitare in nome della solidarietà e del bene comune, nella “responsabilità per il proprio e l’altrui sviluppo integrale… L’esasperazione dei diritti – ci ricorda Benedetto XVI nella Caritas in veritatesfocia nella dimenticanza dei doveri… i doveri rafforzano i diritti e propongono la loro difesa e promozione come un impegno da assumere a servizio del bene… La condivisione dei doveri reciproci mobilita assai più della sola rivendicazione di diritti” (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 43). Ed è necessario, in tale contesto, considerare il bene comune anche in rapporto alla salvaguardia del creato, a tale proposito, rileggiamo l’enciclica Laudato Si’ di Papa Francesco.

Misericordia è il nome di Dio che – ce lo ha ricordato il Vangelo di Giovanni – “ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17).

Le parole di Gesù a Nicodemo, che era andato da lui di notte, per paura poiché temeva il giudizio degli uomini, risveglino in noi il desiderio e la capacità di accogliere la misericordia che Dio ci usa e dona.

Antonio – noto come il Santo dei Miracoli o il Taumaturgo, cioè colui che opera prodigi – interceda per noi affinché possiamo vivere della Sua grande misericordia così da propagarla nei differenti contesti e momenti della nostra vita.

Antonio ci esorti a ripensare davvero chi siamo e chi è l’uomo, ossia ad interrogarci sulla bontà delle nostre relazioni personali e sociali, sulla nostra società. Ci prenda per mano e ci aiuti a vivere da cristiani questi giorni con responsabilità, carità e solidarietà, facendoci carico – cioè “prossimi” – gli uni degli altri, costruendo una nuova fraternità, in città e paesi che vogliono ripensarsi e rialzarsi insieme e, in particolare, con le persone e le famiglie più deboli e fragili.

Ricordando infine che stiamo celebrando la Tredicina nella domenica della SS. Trinità, richiamo la bella preghiera di Papa Francesco, con cui termina l’enciclica Laudato sì rivolgendosi proprio alla Santissima Trinità: “Signore Dio, Uno e Trino, comunità stupenda di amore infinito… Dio d’amore, mostraci il nostro posto in questo mondo come strumenti del tuo affetto per tutti gli esseri di questa terra, perché nemmeno uno di essi è dimenticato da te. Illumina i padroni del potere e del denaro perché non cadano nel peccato dell’indifferenza, amino il bene comune, promuovano i deboli, e abbiano cura di questo mondo che abitiamo. I poveri e la terra stanno gridando: Signore, prendi noi col tuo potere e la tua luce, per proteggere ogni vita, per preparare un futuro migliore, affinché venga il tuo Regno di giustizia, di pace, di amore e di bellezza” (Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, n. 246).

Antonio ci aiuti ad essere sempre più fondati nella santità concreta e quotidiana (il pane di sant’Antonio ne è simbolo eloquente), una santità che ha origine nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e che sola cambia la vita delle persone e delle nostre città.

Dio benedica tutti, attraverso l‘intercessione di sant’Antonio.