La ricchezza documentaria dei giornali italiani di questi giorni, rischia di sommergere qualunque proposito di fare ordine e di trovare un bandolo nella matassa aggrovigliata della vicenda storica che stiamo vivendo.
“Avvenire” di sabato 21 marzo, a cura di una sua penna di rilievo, quella di Diego Motta, per fortuna, mi consente di collegare al macrocosmo italiano anche il nostro microcosmo monferrino. Il titolo dell’articolo è illuminante: ”I numeri non bastano più” ed allude alle cifre che ogni giorno vengono comunicate dalla Protezione Civile, verso le 18, agli Italiani in trepidante ed angosciante attesa. Con rispetto, ma anche con una tremenda forza argomentativa, Motta scrive che la comunicazione trasparente delle cifre rischia di essere una “melina”. I dati, infatti, pure correttamente trasferiti all’opinione pubblica, non dicono nulla sulla “disomogeneità” tra regione e regione nella esecuzione dei tamponi (ed il Piemonte, a questo riguardo, è agli ultimi posti in Italia); non dicono nulla sul fatto che, come scrive la prestigiosa rivista “Science”, per ciascun contagiato conosciuto ce ne sono dai “cinque ai dieci non individuati” (da noi sicuramente molti di più!).
Poi, per ogni tampone fatto, è necessario capire “in corrispondenza di quali sintomi importanti” si è deciso di procedere. Ancora: esso viene eseguito in modo diverso a seconda delle regioni con realtà molto “aggressive” come Veneto, Emilia, Toscana, Puglia e altre che sono “bloccate” o in “mezzo al guado” come il Piemonte.
Che cosa ci si può attendere, allora, a livello statistico dai dati delle 18 del pomeriggio? Poco o nulla! Forse l’unico elemento che vale e che varrà è quello tristissimo del numero dei morti! Ma anche in questo caso, tra le regioni, non si è ancora stabilito a quale categorie di persone decedute fare il tampone. E così, quelli che, come a Bergamo, ma anche in Piemonte, muoiono fuori dagli ospedali faranno parte di questa triste contabilità?
“I numeri , come le parole – scrive Motta – sono importanti, ma la sensazione è che ci sia un disallineamento tra l’ufficialità e la realtà” .
Occorre, dunque, aumentare la ragionevolezza e la prudenza nell’analisi della questione coronavirus e che la si guardi in faccia in modo coraggioso, almeno nei territori.
Anche qui da noi, per esempio, la trasparenza è massima, ma rischia di essere come quella della Protezione Civile nazionale. E forse non potrebbe essere in altro modo, visto che i dati sono forniti dalle autorità sanitarie. Ma la realtà, quella che bisogna guardare alla maniera che consiglia Motta, qual è? Non possiamo più aspettare che sia finita questa crisi per porci da subito delle domande radicali. Tra tutte la più dura ed angosciante: “Nelle case di riposo siamo in grado, con le metodiche e i protocolli attuali, di arrestare la corsa del contagio?”. Stante la grandissima quantità di anziani nel nostro territorio, una delle più alte del mondo, dobbiamo chiederci: “Che cosa dobbiamo fare per fermare la possibilità che succeda quello che è capitato già in altre zone di Italia?”.
“Il nostro ospedale e le nostre strutture sanitarie – mi chiedo ancora – sono in grado di fare i conti con una realtà di popolazione anziana così ampia?”
Sono arrivate – e ringrazio l’Amministrazione di Casale per l’impegno manifestato – le mascherine indispensabili per contenere il contagio, ma mi chiedo: “E’ possibile che gli operatori delle case di riposo (non parliamo naturalmente degli ospedali) gestiscano senza protezioni adeguate e senza monitoraggi sanitari gli eventuali malati (e ce ne sono tanti) di questi giorni?”.
Ai Sindaci ed agli Amministratori e a tutti coloro che a vario titolo possono fare qualcosa di concreto, il compito di “non aspettare che passi” , ma di fare di tutto perché questa piaga non si abbatta pesantemente sul nostro Monferrato.
Il Casalese ha già perso tanti suoi cittadini nella vicenda del mesotelioma e noi dobbiamo fare di tutto perché non si riproponga quella “zona grigia” che per tanto tempo ha caratterizzato la vicenda amianto.
Dobbiamo essere resilienti e combattere insieme, da subito, senza escludere tutte le intelligenze disponibili (oltre ai nuovi medici perché non chiedere di scendere in campo ai tanti bravissimi biologi oggi disponibili?), una battaglia fatta di intelligenza e di disponibilità al cambiamento. Di sicuro abbiamo bisogno di un aiuto esterno straordinario per supportare chi è in prima linea e di questo la Regione ed il Governo devono da subito farsi carico senza aspettare che succeda l’irreparabile. Non ci sono alternative!
In Monferrato ci sono 44 case di riposo con più di 2300 ospiti, un bene prezioso da difendere ad ogni costo.