Mons. Semeraro: come stelle incontro al sole di giustizia

Mons. Semeraro: come stelle incontro al sole di giustizia

La Veglia Pasquale quest’anno ha avuto inizio non col rito della benedizione del fuoco, segno di Cristo fiamma viva dell’amore del Padre. È stata, invece, accesa una fiammella sul cero pasquale. Osservandola, ho pensato all’inizio del racconto evangelico di questa notte, che dice: «all’alba del primo giorno della settimana…». La versione latina è, francamente, molto più bella di questa traduzione. Dice così: quae lucescit in prima sabbati! Che significa: quando comincia a brillare il primo giorno…». È Cristo, «la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16), che si fa strada fra le tenebre e porta la luce del nuovo giorno. Significativo è pure il verbo greco, che nel suono ci richiama la parola foschia (te epifoskouse) e vuol dirci che la notte sta ormai per finire, che quell’offuscamento dell’aria che c’impedisce di vedere non c’è più perché la luce ha vinto le tenebre.
Sono parole che ci confortano e ci aprono orizzonti per andare avanti. Ne abbiamo bisogno in questi giorni così offuscati dal morbo, dalla sofferenza e dal lutto. Tanti segni di speranza giungono, a dire il vero, da quanti impegnano la loro giornata e donano le loro energie per sollevare chi soffre e dare conforto; per custodire la città e l’ordine nella vita comune. Nascono dal cuore buono dell’uomo, di ogni uomo, e sono frutto dell’immagine di Dio impressa nel nostro essere di creature: un dono che neppure il peccato riesce a distruggere. Per noi cristiani, poi, qualsiasi gesto di carità è lumen de Lumine, luce che si accende da Cristo luce del mondo. Fino a otto giorni fa, celebrando le Lodi mattutine, abbiamo cantato: Iam, Christe, sol iustitiae … ripetiamolo ora nella notte pasquale, quest’inno, anche se la Quaresima è trascorsa: «Adesso, o Cristo, Sole di giustizia, fa’ che le tenebre della mente si aprano, affinché ritorni la luce della virtù, mentre rinnovi il giorno alla terra».
Due donne, come abbiamo ascoltato, «dopo il sabato … andarono a visitare la tomba». Ambedue si chiamavano «Maria». Questo nome, come evidenziano alcuni padri della Chiesa, si traduce con «stella del mare». Le due Marie, allora, somigliano a due stelle che cercano il sole di giustizia, Cristo, che per questo va loro incontro (cf. Bruno di Asti, Comm. in Matth. IV, 28: PL 165, 310). Ricevono un primo comando: Non abbiate paura, voi, dice l’Angelo del Signore. Se le guardie, custodi della morte, sono tramortite dal sorgere della vita che scuote la terra come il grembo di una partoriente, loro debbono, invece, rallegrarsi perché è giunta la Redenzione. Si rinnova la storia della prima Maria – la Madre del Signore – cui lo stesso Angelo disse: «Rallegrati, non temere» (cf. Lc 1,28-30). «Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa», canteremo per otto giorni da domani. «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia». Ce lo ha ricordato il Papa nelle prime righe di Evangelii Gaudium ed è proprio questo che si avvera per le due Marie.
L’altro comando ricevuto era stato questo: «Andate a dire ai suoi discepoli: “è risorto dai morti”». Anche Gesù dirà loro: «andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno». Dalla tomba si va via! Si va via per andare verso gli altri ed è proprio questa la condizione per incontrare il Risorto. E anche noi, quando in questi tempi di pandemia ci muoviamo per andare incontro ai fratelli che sono nel bisogno (e a quante meraviglie di bontà, di generosità, di solidarietà stiamo assistendo in questi giorni: negli ospedali e nell’opera delle associazioni umanitarie; negli
interventi della Conferenza Episcopale Italiana e nella nostra Caritas) … quando ci muoviamo per andare verso i fratelli, è allora che Gesù ci viene incontro. Tutto quello che facciamo non è solo «filantropia» (ch’è, poi, anch’essa il mostrarsi di Dio, che è filantropo, ossia amante degli uomini, come scrive san Paolo in Tt 3,4) … quando ci muoviamo per soccorrere il povero (non aspettandolo, ma andando verso di lui), noi più e prima d’ogni cosa desideriamo incontrare Cristo.
Un padre della Chiesa ha notato che il nome delle due donne che incontrarono il Risorto è simile a quello della Madre del Signore: Maria. In questo egli vedeva un evento mistico: anche Lei è diventata messaggera del Risorto ed ha capovolto il peccato di Eva. Dice di più: in Maria è pure la Chiesa che giunge al sepolcro per celebrare la nascita della vita nuova (cf. Pietro Crisologo, Serm. 74-75 de Resurrectione Christi: PL 52, 408-414). Con Maria, dunque, anche noi, giungendo questa notte al sepolcro, vuoto cantiamo: «O Regina del cielo, rallegrati: Cristo, che hai portato nel grembo è
risorto come aveva promesso. Prega per noi, Vergine Maria, e rallegrati: il Signore è veramente risorto. Alleluia»