Post.it, 5 parole per comprendere il presente e progettare il futuro

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Post.it – 5 parole per comprendere il presente e progettare il futuroa cura dell'Ufficio Diocesano Cultura Scuola e UniversitàEDUCARE: una riflessione di don Alessandro RovelloDirettore dell’Ufficio Cultura, Scuola UniversitàDiocesi di CaltanissettaIl riflettere sull’educazione (in tempo di pandemia o no) è per certi versi abbastanza semplice perché tutti abbiamo sperimentato cosa voglia dire essere educati ed educare. Si potrebbe dunque raccontare un’esperienza di vita, o mettere in comune una serie di esperienze, per cercare di descrivere qualcosa che riguarda l’uomo dalla sua infanzia fino all’ultimo istante della sua vita, secondo quanto ci dice la tradizione popolare (si dice in Sicilia: “si impara fino alla bara!”).Ma la riflessione sul processo educativo è anche molto complessa perché ci si rende conto che nella vita non si hanno davanti robot o “personaggi” – educatori ed educanti – teoricamente perfetti, ma persone concrete collegate realmente (e non solo virtualmente come in questo periodo) tra di loro e con il mondo. Esistono passaggi, fatti, eventi, errori per cui non basta raccontare qualcosa, ma occorre cercare delle strade, dei percorsi comuni, in cui ciascuno -con la propria sensibilità e responsabilità – possa “camminare” nella ricerca del maggior bene possibile.L’educazione infatti non è e non può essere – in nessun senso – una realtà individualistica, statica e virtuale. È piuttosto un azione virtuosa che coinvolge in tempi e modi diversi l’umanità intera. Al di là dell’esistenza di singole – e non sempre convergenti – agenzie educative (famiglia, amici, scuola, mass media, parrocchia) c’è infatti una comunità vivente in cui l’uomo vive e deve vivere; ci sono forme diverse di relazione che l’uomo realizza e deve realizzare correttamente; c’è un presente e un futuro da costruire giorno per giorno, passo dopo passo. Con questa realtà deve confrontarsi ogni educatore, sin dai primi istanti dell’incontro educativo.Parlare di educazione è dunque complesso perché, in fondo, significa parlare dell’uomo reale, della sua coscienza, della libertà, della possibilità di conoscere e di agire… Significa parlare di valori, di scelte e di azioni e – come accennavamo- di passato, presente e futuro. Riprendendo il titolo di una famosa opera del filosofo Heidegger, educare vuol dire “lavorare insieme su Essere e Tempo”.Il compito principale dell’educatore è, infatti, “trarre fuori” il bene che c’è in ogni persona, ma anche potenziare e orientare il buono, il bello e il vero di ciascuno e dell’umanità intera, in un dialogo proficuo con il mondo, per l’edificazione di una “casa comune” in cui abitare con responsabilità e amore.Questo itinerario va realizzato a partire dal tempo presente e nel giusto contesto, anche attraverso la conoscenza del passato (le fondamenta della casa) e con una attenzione particolare al futuro dell’educando e dell’umanità in cui vive e vivrà.In questo tempo di autoreclusione per colpa del coronavirus sono emersi dei limiti e delle potenzialità del processo educativo sviluppato “normalmente”. Sono stati rimessi in discussione i ruoli (genitori- figli; insegnanti- alunni), i modi e i tempi delle relazioni (pensiamo alle lezioni on line), alcuni contenuti e le modalità di verifica del percorso compiuto non solo a livello scolastico. Nella didattica a distanza, ad esempio, si corre il rischio della spersonalizzazione, della dematerializzazione di studenti e docenti, della robotizzazione dell’insegnamento.Questa crisi, cioè questa parziale trasformazione dell’essere e dell’agire, ha comunque spinto la società ad interrogarsi sul senso autentico e sul valore della “istituzione scuola”.Nella fase pre-pandemia, infatti, scuola e università erano considerate generalmente come degli “spazi” legati a competenze funzionali alle esigenze del mercato: lo studente veniva scambiato per un prodotto da preparare esclusivamente per l’attività lavorativa. Negli ultimi anni, queste istituzioni, erano pensate da alcuni non come strumenti per un’educazione integrale e integrante, ma come “mali necessari” per acquisire alcune conoscenze – considerate alle volte inutili – oppure come luoghi dove i giovani, “i figli”, dovevano avere solo gratificazioni (e mai correzioni) in un rapporto molto condizionato dai numeri (voti alti o voti bassi) piuttosto che dalla reale formazione di intelligenza e volontà.Pur essendo assolutamente contrarie alla deontologia professionale dei docenti, queste considerazioni si sono profondamente diffuse e hanno minato il rapporto tra la società e il “mondo scuola”.Paradossalmente la crisi della pandemia, e le difficoltà delle relazioni reali, hanno ricordato a tutti che educare è cosa ben distinta dall’insegnare e che la conoscenza non si realizza solo guardando o ascoltando qualcosa, ma interagendo positivamente nella distinzione di ruoli e compiti: dall’osservazione/ascolto si deve passare all’interiorizzazione, all’acquisizione del dato (tramite l’esercizio) e alla testimonianza/verifica di ciò che si è appreso in un confronto costruttivo tra modelli esistenziali diversi.In tantissimi, oggi, è nata la nostalgia di relazioni più profonde e complete; è nato il bisogno di incontrare “l’altro” non solo nel mondo virtuale, ma in quello reale; si sta sviluppando l’esigenza di affrontare e, finalmente, superare non solo la crisi attuale, ma quella più profonda che ha colpito il mondo nella post-modernità. E mentre si sono scoperte la casa e la famiglia come spazi/tempi preziosi e arricchenti da diversi punti di vista, in tanti hanno iniziato a pensare anche ad altre realtà educative come a “palestre di vita”, dove l’uomo diventa uomo, e la comunità diventa comunità.In questa direzione, gradualmente, si deve riscoprire l’idea che la cultura non ha valore solo per “fare un lavoro”, ma per essere uomini e donne capaci di stare con gli altri, di “custodirsi” a vicenda e di creare insieme un “ben-essere” che è fondamentale rispetto al “bene-stare” pensato secondo i canoni della economia contemporanea.A questo proposito, nella consapevolezza che le tematiche legate all’educazione post-pandemia sono moltissime e qui abbiamo potuto solo accennare ad alcune di esse, mi piace concludere queste riflessioni riprendendo un’interessante idea proposta recentemente da papa Francesco. Egli afferma che occorre “Ricostruire il patto educativo globale”, per ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione.Mai come ora, c’è bisogno di unire gli sforzi in un’ampia alleanza educativa per formare persone mature, capaci di superare frammentazioni e contrapposizioni e ricostruire il tessuto di relazioni per un’umanità più fraterna”.Una nuova alleanza, che coinvolga tutti, con compiti e caratteristiche diverse, in un percorso che non sia solo “utile” per il momento presente, ma che porti ad un nuovo “ben-essere”, ad una nuova concezione dell’uomo, della comunità e della società.

Pubblicato da Ufficio Comunicazioni Sociali Diocesi di Caltanissetta su Sabato 6 giugno 2020