Mons. Renna: è un atto d’amore rimanere a casa, provvedere ai poveri, curare le relazioni

Mons. Renna: è un atto d’amore rimanere a casa, provvedere ai poveri, curare le relazioni

Entriamo nel mistero del Triduo pasquale con la consapevolezza che noi che celebriamo l’Eucaristia, in questa Chiesa Cattedrale, portiamo tutti i fratelli e le sorelle attorno all’altare, perché ogni volta che si celebra la Santa Messa, essa è per tutto il Popolo di Dio. Oggi, miei cari, voglio sottolineare due aspetti di quello che stiamo vivendo.
Il primo è il “memoriale”. Dalle parole di san Paolo, nella seconda lettura, noi abbiamo ascoltato una delle prime  testimonianze di come i cristiani hanno celebrato l’Eucaristia. L’Apostolo riporta, come gli evangelisti Matteo, Marco e
Luca, le parole di Gesù, insistendo sulla espressione “in memoria di me”: “Fate questo in memoria di me”, “voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (cfr. 1 Cor 11,25-26).
Per gli Apostoli, quella che noi chiamiamo “Ultima Cena”, significò molto di più che partecipare ad una cena d’addio, ma tutto rimandava a qualcosa che si sarebbe realizzato altrove, sul Calvario. La cena del Signore è il legame con il Calvario; nella cena, essi ricevono quello che Cristo ha vissuto: la morte in croce fu il sacrificio di un Innocente, ma soprattutto il dono che Gesù ha fatto di sé, il consegnarsi di Dio fatto carne all’umanità, per manifestarle il Suo Amore.
“Fate questo in memoria di me”, allora, significa essere resi partecipi della morte e risurrezione di Gesù, ed essere introdotti nell’Alleanza “nuova ed eterna” che Egli inaugura. E questa Eucaristia continua ad essere celebrata sempre e
ovunque: nelle basiliche e nelle chiese di paglia e fango, nei tempi in cui la Chiesa ha una sua visibilità sociale e in segreto, come nei tempi della Rivoluzione Francese, delle persecuzioni dei cristiani, nei campi di concentramento, magari con poche gocce di vino e una piccola crosta di pane.
Cari fratelli e sorelle, noi celebriamo questo memoriale e vi annunciamo che tutti siete partecipi di questa alleanza d’amore fra Dio e l’umanità. E che arrivi presto il giorno in cui possiate tornare, più numerosi di prima, alla Mensa
dell’Eucaristia. C’è un altro aspetto che risalta per la sua assenza nel rito, ma non nella vita: il gesto della lavanda dei piedi. Lo narra solo l’evangelista Giovanni, per ricordare alla comunità cristiana che la celebrazione eucaristica deve avere una sua consequenzialità: l’amore fraterno e il servizio. Era un gesto per darci un insegnamento e la Chiesa, mentre compie questo rito, ci propone un testo antichissimo: “Ubi caritas est vera, Deus ibi est” che noi abbiamo tradotto “Dov’è
carità e amore, qui c’è Dio”.
Sì, miei cari, quel rito ci manca, ma non ci mancherà mai la possibilità di vivere quell’insegnamento: lavare i piedi degli altri, compiere gesti d’amore, far sì che Dio abiti in mezzo a noi perché c’è l’amore. Atto d’amore è rimanere a casa, è provvedere ai poveri, è curare le relazioni: ecco tre modi in cui la lavanda dei piedi non ci mancherà anche quest’anno e sarà più vera negli anni prossimi. “Dov’è carità e amore, lì c’è Dio”.