Mons. Tisi: “nel deserto della vita non siamo soli”

Mons. Tisi: “nel deserto della vita non siamo soli”

“Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto” (Dt 8,2)

I quarant’anni passati nel deserto sono rimasti scolpiti per sempre nella memoria del popolo d’Israele.

Perché il deserto è così importante? E’ l’icona della nostra vita.

Il deserto non è un luogo dove ci si può sistemare, dove si mette su casa; è spazio di transito, di cammino, dove la sera si montano le tende e il mattino si smontano, “terra assetata e senz’acqua”, piena di insidie e di fatiche così lo descrive il Deuteronomio.

Ma ecco, la buona notizia del Vangelo, nel deserto non siamo soli. Dio non ci toglie il deserto, ma ci toglie la solitudine nell’attraversarlo. “Io sono il pane della vita”: Dio si fa pane per rimanere con noi.

Nella sinagoga di Cafarnao risuonano le parole dirompenti di Gesù: “mangiate la mia carne e bevete il mio sangue”. Sconcertante affermazione per discepoli e avversari, ma ostinatamente ripetuta da Gesù per ben otto volte, con l’assoluta convinzione che solo così possiamo approdare alla vita.

Le parole “carne”, “sangue”, “pane del cielo” indicano l’intera esistenza di Gesù, la sua vicenda umana e divina. Le sue mani di carpentiere, le sue lacrime, i suoi piedi intrisi di polvere e di profumo di nardo, il suo stringere amicizia e insieme Dio in ogni sua fibra, libero e capace di amare come nessun altro.

A poco a poco, lo sconcerto lascia spazio allo stupore e alla meraviglia: “Chi mangia me vivrà me”. Cristo fa scorrere nelle nostre vene il flusso della sua vita, perché ci incamminiamo a vivere la vita come l’ha vissuta lui. Dio si è fatto uomo perché ogni uomo si faccia come Dio. E’ la meraviglia del Pane Eucaristico, vero pane dei pellegrini.

Ma c’è un’altra felice sorpresa nella Parola di Dio di oggi. Nel deserto della vita non siamo soli anche per un’altra ragione: altri camminano con noi, “benché molti siamo un solo corpo” ci ha ricordato Paolo nella Prima lettera ai Corinti.

Il corpo eucaristico serve perché diventiamo un solo corpo ecclesiale. L’Eucarestia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia.

Il Signore ci renda capaci di far fiorire il deserto della vita, accogliendo il dono del corpo eucaristico di Gesù e il dono del corpo ecclesiale, specialmente nelle sue membra più deboli e maltrattate.

A tal proposito mi piace ricordare le forti parole di San Giovanni Crisostomo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra, cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: “Questo è il mio corpo”, confermando il fatto con la parola, ha detto anche: “Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare” e “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli fra questi, non l’avete fatto neppure a me”.