Novara. Mons. Brambilla: non siamo soli, insieme nella preghiera

Novara. Mons. Brambilla: non siamo soli, insieme nella preghiera

Cari Sacerdoti, vi scrivo per sostenere e incoraggiare il vostro ministero in questi giorni trepidi e pieni di paura, dopo aver trascorso con un bel gruppo di sacerdoti la settimana di esercizi a Bocca di
Magra, predicata con finezza spirituale dal vescovo emerito di Casale, mons. Alceste Catella, e accompagnata dall’accorata preghiera dei partecipanti. Ieri gli interventi del Governo, arrivati
purtroppo a notte molto avanzata, hanno iscritto anche le nostre tre provincie nella “zona di
sicurezza” con le gravi restrizioni conseguenti. I Vescovi del Piemonte, rimasti in costante contatto per tutta la giornata, sono intervenuti per la seconda volta con un comunicato comune, trovando una profonda comunione anche dai Vescovi delle Diocesi non coinvolte, che hanno introdotto volentieri le nostre stesse misure.
Il primo pensiero che voglio trasmettervi col cuore in mano è di stare vicino alle famiglie, alla nostra gente, di stare uniti e di evitare ogni protagonismo. Vi invito a farlo in maniera semplice e umile, con i molti modi che la vostra fantasia pastorale saprà trovare, nel rigoroso rispetto delle norme sanitarie. La fede e le sue espressioni pratiche sono molto più grandi di ogni privazione. Ci sorprenderà scoprire che il Signore parla nell’intimo delle persone proprio nel momento della distretta. Come questo giovane che ha scritto al suo coadiutore: «Coraggio don, ce la faremo! Possono sospendere (e ci hanno sospeso) un po’ tutto… ma Lui non lo può sospendere nessuno! Ci ha già pensato da solo, sulla croce… sospeso sulla croce per noi!».
Stiamo vicini alle nostre comunità con la preghiera, con la prossimità agli anziani, con la custodia dei piccoli. Non dimenticate anche i gesti della carità quaresimale. Il secondo pensiero ci chiede di prendere in mano con coraggio lo strumento più potente che il Signore ci ha lasciato: la preghiera. La messa in forma privata, magari anche trasmessa con i nuovi mezzi, come ho fatto ieri, la preghiera della Liturgia delle ore, il rosario da far recitare nelle famiglie, qualche buona lettura da proporre, qualche breve filmato da far girare, che sia incoraggiante ed edificante, evitando tutti quelli di cattivo gusto. Il clima spirituale e umano si trasmette anzitutto attraverso il linguaggio. Per questo, ogni sera alle 19:00 in streaming, proporrò un momento di preghiera, con le letture del giorno, un breve commento e le intercessioni: NON SIAMO SOLI. INSIEME NELLA PREGHIERA. E poi mercoledì 11, mi recherò al Santuario di Re, per una straordinaria supplica alla nostra cara Madonna del Sangue, perché ci protegga e ci illumini.
Il terzo pensiero riguarda i temi e i modi della nostra predicazione, dei nostri interventi spirituali, della nostra relazione pastorale. Siano linguaggi e gesti di consolazione, di sostegno, di incoraggiamento e di speranza. Non cedano ai luoghi comuni della paura, ai giudizi sommari, agli esempi della storia citati senza senso storico. Non si contrappongano la fede alla sana ragione, i sacramenti della Chiesa alle precauzioni del buon senso, non si confondano la fede con gesti spiritualmente utili, persino significativi, ma che possono essere omessi in un tempo di grave emergenza. Vi allego una nota storica sull’episodio delle peste manzoniana, in questi giorni spesso citato anche a sproposito, per toccare con mano quanto i pastori di allora fossero saggi, riferendosi alle conoscenze e precauzioni possibili in quel tempo.
Soprattutto vi ringrazio del vostro impegno pastorale, dello stile di chi vuole rimanere sulla breccia, così come noi dobbiamo ringraziare di cuore tutti gli operatori della salute, che si stanno spendendo senza misura e che hanno bisogno del nostro sostegno e della fattiva collaborazione, accogliendo le misure predisposte. Vi mando un fervido saluto e abbraccio a…distanza.

 

Notizia storica.
Nel terzo dei cinque libri “De peste” di Giuseppe Ripamonti, fonte preziosissima per Manzoni,
si trova un capitolo intitolato “Monita et consilia per cardinalem edita clero” (“Ammonimenti
e consigli del Cardinale al Clero”). La peste è quella del 1630, il Cardinale è ovviamente lo stesso dei “Promessi Sposi”, Federigo Borromeo, e rivolge ai suoi preti tutta una serie di indicazioni improntate alla cautela: nel battezzare un bambino nato da donna appestata e purtroppo destinato a incerta speranza di vita, purificare con il fuoco l’aria tutto intorno; nel confessare, portare il malato all’aria aperta, ove possibile, oppure affacciarsi dalla finestra o dalla porta sulla casa, senza entrarvi, purché non fosse messa in pericolo la segretezza della confessione stessa; nell’unzione degli infermi, limitarsi a un occhio, senza toccare lombi e gambe; nella celebrazione della messa, collocare un altare mobile sulla soglia del tempio “in modo che né il sacerdote contraesse il morbo dalla folla accalcata, né questa nel tornare a casa contasse più ammalati di quanti ne avesse portati in quel luogo”.
Da Manzoni al suo direttore spirituale, il vescovo di Pavia Luigi Tosi, che nel 1836, infuriando il colera, vietò che ai malati venisse distribuito il Viatico. La preoccupazione era in parte di natura sanitaria (si voleva evitare che il sacerdote avvicinasse le dita alla bocca di un infetto) e in parte di natura religiosa, poiché la Chiesa non voleva amministrare la Comunione a un paziente che, di lì a poco, avrebbe potuto vomitare l’ostia consacrata. In ogni caso, anche la Storia insegna che uomini di indubbia fede, in contingenze rischiose, hanno fatto uso di buon senso e prudenza. Non di inutile e pericolosa saccenteria e spavalderia.