La lettera dell’Ispettore Generale Cappellani delle Carceri, don Raffaele Grimaldi, ai detenuti che in questi gironi di emergenza sanitaria hanno rivoluzionato lo scenario delle carceri.
Carissime e carissimi,
in questo momento di grande smarrimento per il nostro paese, la sofferenza che tutti stiamo vivendo ci invita ad una grande responsabilità per poter affrontare insieme questo tempo di paura e di angoscia. Proprio davanti alle continue manifestazioni di violenza avvenute in diverse carceri italiane, mi sono chiesto come fosse possibile che una violenza così incontrollata sia esplosa, con rabbia, tra le mura delle carceri. Sicuramente alla base ci sono le valide ragioni delle richieste che da tempo non vengono ascoltate e alle quali non si è data pronta risposta. Sappiamo tutti che le lentezze burocratiche uccidono la speranza.
Nelle carceri ci sono tantissime persone che lavorano per voi, per il vostro bene, che aiutano ad affrontare quotidianamente il vostro disagio. Loro sono i vostri compagni di viaggio e tra questi vi sono i cappellani e tutto il mondo del volontariato che ogni giorno vi incontra e profonde ogni sua energia con amore per donarvi la carezza di Dio Padre che non giudica, ma guarisce e perdona.
Quanti di voi, tra le mura delle carceri, vivono un cammino di Fede, ascoltano la Parola di Dio, partecipano all’Eucarestia, intraprendono una formazione evangelica. Eppure, molti di voi non sono stati, in questa occasione, strumento di Pace e di mitezza, ma si sono lasciati travolgere da una spirale di violenza senza precedenti; hanno distrutto e mandato in macerie i sacrifici di molti, tradendo la fiducia di coloro che vi accompagnano nel reinserimento futuro. Con violenza incontrollata sono stati distrutti l’ambiente e i luoghi di lavoro o di aggregazione.
Carissime e carissimi, con la violenza non si va molto lontano. Avete certamente portato all’attenzione della Nazione le vostre difficoltà, le vostre sofferenze, ma lo avete esternato in una modalità sbagliata. Ora è il momento di ritornare in voi stessi, placando la rabbia e facendo prevalere il dialogo e la responsabilità comune. Il Vangelo continuamente ci invita alla mitezza e alla Pace. Oggi, in molte carceri, ci sono i resti di macerie che hanno creato una voragine di sfiducia e aumentato nelle persone, fuori e dentro le mura, la diffidenza verso di voi. Alcuni vostri compagni hanno trovato la morte mentre, anche tra gli agenti di polizia penitenziaria, si sono registrati diversi feriti.
In questo momento, come sacerdote e a nome dei vostri cappellani, vorrei dirvi con forza e con passione: “Ritornate sui vostri passi! Siate uomini e donne responsabili, attendete le risposte con pazienza. Superate questo momento di delusione e di sconforto per tutti con un gesto di vera riconciliazione, offrendo la vostra volontà, la vostra disponibilità anche a riparare ciò che avete distrutto”. Al Governo chiedo di spalancare lo sguardo di Misericordia affinché possa ascoltare il vostro grido di dolore e possa darvi risposte equilibrate, per superare pacificamente la crisi e l’emergenza che tutti stiamo vivendo.
Un sentito grazie va ai tanti reclusi che non si sono lasciati contagiare dal “virus” dei disordini e che hanno custodito un atteggiamento di grande responsabilità. La mia vicinanza va a tutti gli operatori delle carceri che, nel disordine, hanno saputo gestire questa criticità con impegno. Sono questi alcuni passi che vi invito a fare per riprendere il cammino del dialogo e ricostruire con pazienza la forza della Speranza.»