“Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello”, abbiamo recitato nella bellissima Sequenza. E’ un duello vero, molto reale, niente di onirico o figurativo. Il duello non è affatto virtuale, così che crediamo di potere restare spettatori, come se riguardi sempre altri. E’ la lotta che abbiamo visto in queste settimane, entrare nelle nostre case, strapparci persone care, rivelare la nostra fragilità. E’ quello che si è combattuto in tanti luoghi di assistenza e che in realtà ci ha coinvolto tutti. Da che parte stiamo in questo duello? Gesù combatte per noi. E noi? Ecco la conversione che ci è chiesta, senza ambiguità. Non ci sono terze soluzioni. Nel duello si rivelano le complicità con il male, le conseguenze del peccato, dei rimandi, delle furbizie, delle corruzioni, dei personalismi, delle superficialità. La bolla di sapone del benessere è svanita, rivelando quanto siamo vulnerabili e uguali a tutti nell’avventura della vita. Gesù ci chiama a stare con Lui, contro la morte.
Noi siamo qui come quelle donne che incontrarono Gesù. Saluta noi. E’ sempre per strada il Signore, non resta lontano, non si nasconde nell’immensità del cielo o nelle stanze lontane dalla vita concreta, dove si protegge dagli imprevisti e dalle domande degli uomini. Ci viene sempre incontro per orientare il nostro cammino e per farci camminare. Qui a San Luca siamo in un luogo fisico e anche dello spirito, vicino alla nostra vita e che ci aiuta a vederla in una prospettiva larga, in un orizzonte grande. Solo così si capisce chi siamo, non mettendoci al centro! E’ una casa che ci orienta nelle due dimensioni della nostra vita: quella terrena, concreta, umana, materiale e quella spirituale, del cielo, dei sentimenti, della vera libertà che abbiamo che è potere superare il limite della vita. Ho imparato a capire dove mi trovo a Bologna, in pianura e anche in montagna, cercando con gli occhi dove sta San Luca. Mi orienta. Quando vediamo la bellezza del Santuario sappiamo dove siamo, se siamo arrivati o quanto manca. Cercare l’amore di Dio, guardare il cielo ci fa capire la città degli uomini. Questa casa, però, ci aiuta a orientarci anche nell’immensità del cielo, così enorme da schiacciarci o nella quale è facile perdersi. Ci aiuta per capire la nostra vita da questa parte e dall’altra, perché il cielo si capisce partendo da alcuni punti concreti. Le due dimensioni hanno bisogno l’una dell’altra, in quel mistero che definisce la nostra fede che è l’incarnazione di Dio che si fa uomo e di un uomo che ci apre la via del cielo. Maria è la donna che unisce lo Spirito e la carne, che ci rende vicino il cielo, ce lo fa scoprire dentro di noi, ci spinge a riconoscere ed amare il nostro prossimo concreto e ad esserlo noi per gli altri, ci ricorda che non siamo stati fatti per vivere da bruti. Può apparire inutile a uomini che misurano tutto con il materiale. Il gusto delle cose inutili è un segno della vita dello spirito. “Lo scimpanzé che porta a casa alla moglie tre noci di cocco, è sempre uno scimpanzé, sia pure di cuore gentile. Lo scimpanzé che nel terzo anniversario del matrimonio portasse a casa tre rose scarlatte, sarebbe uno scimpanzé spirituale, cioè un uomo, proprio perché le rose non servono a niente. Marta venne rimproverata da Gesù non perché si dava da fare a preparargli un po’ di cena, ma perché sembrava non dare spazio a nessuna azione diversa. Le mancava – e non era difetto da poco – la capacità di perdere tempo”. Questo è un luogo dove imparare ad essere uomini, dove perdiamo tempo per trovare lo spirito, per incontrare il Signore che spiega il mistero della nostra vita su questa terra e quella che ci aspetta.
“Non temete. Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno”. Gesù manda delle donne, deboli, sulle quali pesavano tanti pregiudizi, a scuotere i discepoli dalle loro paure. Proprio a delle donne dona il compito più grande. In fondo vuol dire costringere gli uomini, che si prendevano e si prendono molto sul serio, che disprezzano le cose e le persone per loro di poco conto, finendo per discutere su chi è il più grande, ad ascoltare invece delle donne, a prendere sul serio loro, a sapere stare insieme come loro vivono. La testimonianza di una donna non era considerata valida in un processo davanti a un tribunale! La forza, invece, l’hanno loro, perché non smettono di amare Gesù e vincono la paura che fa restare fermi e chiusi. La speranza appare incredibile per chi ha incontrato il male. Cambia tutto quando sei stato tirato dentro il prodigioso duello e ti sei trovato a combattere tra la vita e la morte. Capisci finalmente la vita, la serietà della vita! E’ nel buio che dobbiamo credere alla luce ed è nella notte profonda che devi credere che arriva l’alba, che devi essere una sentinella che non aspetta altro e che guarda in cielo per scorgere la stella del mattino che annuncia l’arrivo del sole. Ecco, quella stella è Maria, che ci invita a sperare, che crede nel sole che sorge a liberare gli uomini dall’ombra della morte quando non vede niente, che ha speranza perché umile, accoglie la vita, ascolta, si fida, sceglie quello che non è affatto sicuro. Apriamo il cuore all’annuncio gioioso delle donne, alla loro speranza che riaccende la vita e ci aiuta a vedere la vita di chi non c’è più.
I sommi sacerdoti si mettono d’accordo per rendere la speranza un imbroglio. La fabbrica di fake news c’è sempre stata, perché l’uomo si confonda, perché tutto diventi sporco, perché non creda a niente, sia diffidente e rimanga prigioniero di se stesso. Il male vuole rendere la speranza un’illusione. Gesù invece ci invita ad andare in Galilea. Lì era iniziato tutto. Pasqua ci fa scoprire nella vita di sempre la vita che non finisce, non ci fa entrare in un’altra dimensione fuori del tempo e dello spazio, ma viceversa! La Galilea è la periferia, dove noi non cercheremmo le cose nuove, invece è iniziare da chi è più lontano, isolato o doppiamente isolato, come tanti su cui pesava un isolamento e adesso ce ne sono due! Vinciamo quello del decreto non scritto e il più pericoloso che è quello dell’indifferenza!
Pasqua ci dona una forza e una convinzione nuova nelle tante difficoltà. Viviamo la speranza! Gesù ce la dona, noi dobbiamo viverla! E’ risorto! L’amore vince! Cristo ha vinto il male! Possiamo fidarci che le cose cambiano: Lui è risorto e la vita risorge! Giochiamocela tutta, volendo bene, con la preghiera e il servizio, sapendo che di noi resta solo quello che lasciamo agli altri, che dobbiamo pensare al domani nostro preparandolo per chi viene dopo di noi e ricostruendo quello che il male ha rotto perché sia meglio di prima. Investiamo il talento che abbiamo. Aveva ragione Carlo Urbani – e con lui ricordo i tanti che mettono a rischio la loro vita per aiutare e il primo di tutti che è Gesù che dona la vita perché noi la abbiamo salva – che la superficialità (peggio ancora se urlata con convinzione o con abilità teatrali) è davvero intollerabile pensando alla serietà dei problemi e alle sfide che ci aspettano, come quella della povertà. Seguiamo Gesù e testimoniamo un amore vero, che non tradisce, che si dona, che fa crescere germogli e piante, che vince così il duello tra morte e vita.
Chiediamo oggi alla Vergine di San Luca – a cui affidiamo noi tutti, le nostre città e paesi, il mondo intero – di benedirci, di benedire ogni persona, le nostre comunità, le nostre famiglie, i più soli e fragili, quelli che hanno sperimentato la durezza del male e che hanno bisogno di certezze e di speranza. Chiediamo di non abituarci mai all’isolamento e di costruire una solidarietà sempre più consapevole. Deporremo ai suoi piedi i nomi delle persone scomparse. I nomi, non i numeri, perché per una madre ognuno è lui, è il mio figlio, e non accetterà mai che sia perduto nell’anonimato. E guai ad una città e una patria che accettano per chiunque che questo avvenga! Ne andrebbe del suo umanesimo e del suo livello di vita.
Maria raggiunga tutti con il suo amore di madre, guarisca le ferite del corpo e quelle nascoste dell’anima, orienti e incoraggi nelle difficoltà, consoli chi piange, rassicuri chi è solo, ci faccia scegliere un futuro diverso e migliore iniziando a cambiare il nostro cuore, diventando uomini pieni di spirito e umili lavoratori nella grande messe del mondo, per risorgere alla vita che non finisce e che inizia ora nella nostra debolezza.