Dopo le settimane del lockdown, una ordinazione presbiterale è un grande segno di speranza, non perché riparte una organizzazione, ma perché ancora una volta lo Spirito può rinnovare la nostra vita e farci realizzare quello che, in un termine che stiamo molto utilizzando, è la resilienza. Caro don Giuseppe, tu sei per la nostra Diocesi e per la famiglia salesiana il segno che, nella forza dello Spirito, si rinnova il mondo. Lo Spirito di santità è il grande “protagonista” di una ordinazione, così tanto che, quando fra poco io ti imporrò le mani sul capo, caro Giuseppe, non dirò nulla. Il silenzio è l’atteggiamento di chi “fa spazio” all’azione dello Spirito: solo la voce del Padre ha autorità di intervenire, come ha fatto nel Battesimo di Gesù. Poi, nel giorno di Pentecoste, non ci sono parole umane, ma “un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso” (At 2,2), quasi a dire la grandezza di un mistero grande e affascinante. Mi sono sempre chiesto perché nell’ordinazione c’è prima il gesto, antico quanto la Chiesa, dell’imposizione delle mani e poi l’invocazione dello Spirito. Io credo che questa sequenza voglia ricordare anche a noi che il Paraclito ci precede sempre, è “sempre più avanti”, come ha fatto con Pietro, che mentre ancora stava parlando, vede discendere lo Spirito Santo su Cornelio (cfr. At 10,44). Ricorda caro don Giuseppe, ricordiamolo noi tutti, che lo Spirito ci precede sempre e che non possiamo mai ritenerlo un’appendice delle nostre azioni e delle nostre scelte. Solo se seguiremo questo “diritto di precedenza”, aiuteremo la Chiesa a crescere, come hanno fatto i Santi. Il silenzio, durante l’imposizione delle mani, insegna a te e a ciascuno di noi che dovremmo “lasciargli il posto”, sempre più volentieri. Solo così saremo pneumatofori. Il silenzio avvolga il tuo ministero: quello della preghiera, quello della discrezione sulla vita delle persone, quello che non mette in evidenza i peccati del fratello, quello che lascia a Dio la propria difesa, quello che condivide il dolore stringendo una mano. Sei stato generato nel silenzio dell’imposizione delle mani, dallo Spirito, e continuerai così a portare nel mondo la grazia, quella che papa Francesco ama chiamare “l’abbraccio di Dio”. Sei un salesiano, caro Giuseppe, chiamato ad essere padre per i giovani. Lo Spirito Santo plasmi la tua paternità e agisca dentro di te. Ricorda che il padre è una creatura che dà la vita. Anche lo Spirito è Signore e dà la vita; ma è vita che nasce da una comunione con il Padre e il Figlio. La vita che tu, come padre, donerai scaturisce dall’amore trinitario, è opera dell’amore del Padre (l’Amante) per il Figlio (l’Amato), ed è Amore dello Spirito Santo. La vita del prete, a immagine dell’Amore trinitario, non si propaga in una forma che in scienza si chiama autopoiesi, cioè una vita che si fa da sé, ma scaturisce da una relazione d’ amore che è quella della tua vita di fede, di quella sacramentale di chi agisce in persona di Gesù Cristo, da una comunione con i tuoi confratelli. Guarda Gesù: agisce sempre in comunione con il Padre; guarda il Signore: dove c’è Lui, c’è vita perché i malati sono guariti, gli afflitti consolati, gli esclusi riaccolti, i demoni scacciati, i morti risorgono. Quando, tra poco, chiederò a Dio Padre di rinnovare in te l’effusione dello Spirito Santo, domanderò che ti faccia pneumatoforo e portatore di vita: nella celebrazione dei sacramenti, nella misericordia per il popolo a te affidato, ma anche oltre “per il mondo intero”, perché la moltitudine delle genti, riunita in Cristo, diventi il Suo unico popolo. Non è un delirio di onnipotenza che ci fa dire questo, ma lo sguardo che lo Spirito Santo spinge lontano, in una fraternità che abbraccia ogni vita umana. Lascia che lo Spirito vivifichi ciò che è morto, attraverso il tuo essere padre, soprattutto dei giovani! Ricorda che sei chiamato ad essere un padre speciale, perché la paternità del prete e quella dei santi come don Bosco viene da Dio Padre (cf. Ef 3,14-15), e non porta solo i segni dell’esperienza della paternità umana vissuta, anzi, in don Bosco non c’è quasi per niente l’esperienza di quella del suo padre naturale. Come è potuto accadere che in lui si sia sviluppato questo senso di paternità per tutti, anche per chi sapeva solo fischiare, come Bartolomeo Garelli? Sappi che la ricchezza dello Spirito non può essere racchiusa nelle caratteristiche di genere della nostra esperienza umana. In latino, spiritus è maschile, in greco è neutro (pneuma), in ebraico ruah è femminile. Un padre del deserto, Macario di Egitto, ci ha lasciato cinquanta omelie in cui sostiene che il compito dello Spirito Santo è materno. Egli è il Consolatore, ci dice Gesù nel Vangelo secondo Giovanni (cfr. Gv 14,26), e Isaia ci ricorda che, come una madre consola un figlio, così in Gerusalemme saremo consolati (cfr. Is 66,13). Essere padre speciale, significa avere in te i tratti della tenerezza materna, oltre che dell’autorevolezza di un padre terreno. Caro Giuseppe, cari presbiteri, lo Spirito ci abilita a vivere la fraternità non con durezza, ma con tenerezza, con una mano che sa accarezzare e, non solo, sostenere. Possa tu essere un padre ricco della “Ruah Jhwh” per i tuoi giovani, per tutti i giovani. Sarai un padre speciale se guarderai alla Paternità di Dio, ma anche alla “maternità” dello Spirito, che feconda ogni cosa. Come tutti i padri sarai spesso così preso dall’organizzazione, che rischierai di non avere tempo per i tuoi figli. Dovrai scegliere spesso che tipo di relazione vorrai instaurare: quella di un manager o di un padre? E’ qualcosa su cui vigilare e il giorno di Pentecoste ci interpella in modo particolare. Voglio riportarti il passo illuminante di un corso di esercizi spirituali, guidato dal card. Anastasio Ballestrero ai salesiani nel 1987: “Lo Spirito spira dove vuole. E questa inflessione pneumatologica della missione è un dettaglio molto significativo e molto prezioso, di cui dovete essere gelosi; anche perché voi correte un rischio specifico: le vostre specializzazioni, a vantaggio della gioventù, nella conoscenza dell’uomo, della psicologia, della pedagogia […] potrebbero lasciarvi distrarre dall’attenzione allo Spirito”. Sii padre che ha questo bagaglio di conoscenze, ma che non rinuncia alle intuizioni e alla forza dello Spirito. Ricorda cosa dice san Paolo ai Corinzi: “Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri” (1Cor 4,15). Il profumo del Crisma, che sa di novità di vita in questo fine maggio del 2020, impregni la tua esistenza presbiterale: lo sappiano riconoscere gli uomini e le donne, desiderosi di Dio, di paternità, di vita. Maria santissima che a Cerignola hai imparato ad invocare come Madonna di Ripalta e Maria Ausiliatrice, grazie anche ai miei predecessori, mons. Pafundi che volle i Salesiani a Cerignola e mons. Di Lieto che le era molto devoto, ti tenga sempre per mano e non ti faccia mai smarrire la strada della santità.
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