Una coppia che ammira il tramonto. Infinito. Stupore. Amore.

Due salmi pasquali

La proposta di preghiera di mons. Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia.

Questi due salmi concludono la piccola raccolta dei salmi dal 113 al 118, chiamata l’Hallel pasquale. Essi venivano pregati nelle grandi feste giudaiche, particolarmente nella pasqua. L’evangelista Matteo (26,30) ricorda che Gesù e gli apostoli, terminata la cena, “dopo aver cantato l’inno uscirono verso il monte degli ulivi”. Questo gruppo di salmi concludeva il pasto pasquale, ringraziando Dio per le grandi opere compiute in favore del suo popolo.

 

SALMO 117 (116)

DA TUTTI I POPOLI, LODE AL SIGNORE

Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode,
perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre. Alleluia.

E’ il salmo più breve (17 prole in ebraico), ma struttura ogni preghiera di ringraziamento.

Esso infatti è invito universale a lodare il Signore motivato dal suo amore forte e dalla sua fedeltà per sempre. Hallel significa lodare. Quindi Allelu Jah significa ‘lodate Jahweh’, lodate Dio. Alleluia! La Pasqua è memoria dei grandi interventi di liberazione di Dio per il suo popolo.

 

SALMO 118 (117)

INNO DI RINGRAZIAMENTO

Innanzitutto ricordo alcune espressioni di questo salmo usate nel Nuovo Testamento e nella liturgia della Chiesa. Il Salmo è usato nella liturgia delle ore domenicale come canto di ringraziamento e di lode per le grandi opere di salvezza di Dio, di cui la più grande è la risurrezione del Signore. Ecco i versetti del salmo ripresi nel Nuovo Testamento. “Osanna. Benedetto colui che viene nel nome del Signore» ripreso da Mt 21,9 per commentare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. “Osanna”, alla lettera significa “dona Signore la tua salvezza,”. “La pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare” leggiamo al Vangelo per annunciare la passione e la risurrezione del Signore (Mt 21,42). Invece l’espressione “Questo è il giorno che ha fatto il Signore» viene dalla Liturgia applicato alla Pasqua di Cristo. Tutto il salmo canta la presenza potente e salvatrice di Dio, che trasforma il pericolo in vittoria e la tristezza in vanto. Per questo il salmo inizia e finisce con l’invito: “Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre”. E’ parola del Signore capace di consolare e di dare speranza.

1.Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele: “Il suo amore è per sempre”.
 Dica la casa di Aronne: “Il suo amore è per sempre”.
 Dicano quelli che temono il Signore: “Il suo amore è per sempre”.
Il salmo si apre con l’invito a riconoscere che “il Signore è buono e la sua misericordia è eterna”. Questo deve essere certo: la misericordia del Signore rimarrà sempre, è eterna perché abbraccia tutto il tempo, dall’inizio alla fine e tutto il nostro esistere.

2.Nel pericolo ho gridato al Signore: mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
Il Signore è per me, non avrò timore: che cosa potrà farmi un uomo?
Il Signore è per me, è il mio aiuto, e io guarderò dall’alto i miei nemici.
È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nelluomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti.

Il credente non è mai solo, isolato. Il Signore è per definizione ‘Colui che è presente per salvare’ (Es 3,14). Quindi l’orante che sta vivendo un grosso pericolo ‘grida al Signore’, non si chiude in se stesso. Neanche l’uomo vicino può dare sicurezza perché è debole come lui, neanche chi appare potente. Allora si rivolge al Signore e ne esperimenta la risposta. Per due volte ribadisce a se stesso: “Il Signore è per me”, di fronte al pericolo c’è ‘Qualcuno in cui trovare rifugio’. Questo ha sperimentato il salmista: era solo, era nel pericolo mortale, si è rivolto al Signore, ha sperimentato la salvezza. (Pensiamo a Gesù che nella passione e morte invoca il Padre).

3.Tutte le nazioni mi hanno circondato, ma nel nome del Signore le ho distrutte.
Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato, ma nel nome del Signore le ho distrutte.
Mi hanno circondato come api, come fuoco che divampa tra i rovi, ma nel nome del Signore le ho distrutte.
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere, ma il Signore è stato il mio aiuto.

L’esperienza vissuta viene raccontata con grande intensità perché il salmista si è sentito ‘solo contro tutti’: circondato da una moltitudine di avversari, accerchiato da uno sciame d’api e circondato tutt’intorno dal fuoco, spinto a terra! Nessuna via d’uscita. Ma… ‘nel nome del Signore’ cioè con la forza che gli è venuta dal Signore ha vinto quel grande pericolo. Ecco la confessione finale: “il Signore è stato il mio aiuto”. Man mano che la minaccia diventava sempre più forte in lui cresceva la sicurezza nella vicinanza di Dio. Su questo Dio io posso contare.

4.Mia forza e mio canto è il Signore, egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze,
la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita e annuncerò le opere del Signore.
 Il Signore mi ha castigato duramente, ma non mi ha consegnato alla morte.

Inizia ora il canto del ringraziamento: Dio è acclamato forza e salvezza, ma non in generale, ma ‘mia forza, mio canto, mia salvezza’! Israele dopo il passaggio del Mare, così ha cantato: «Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato» (Es 15, 1). E al suo canto egli vuole coinvolgere tutti coloro che abitano vicini (tende), tutti gli uomini per cantare le meraviglie che la forza del Signore, la destra mano di Dio, ha compiuto in suo favore. Per il salmista era questione di vita o di morte, una prova limite. A questo punto però riferiamo il Salmo alla Pasqua di Gesù. La risurrezione di Gesù è vittoria piena e definitiva sulla grande prova della morte, è la celebrazione di una vita che vince e diventa lode perenne: “voglio raccontare le opere del Signore”. Nella preghiera cristiana l’espressione «non morirò», assume un valore assoluto. Non vuole solo dire: non morirò in questo momento di pericolo, ma significa: il destino della mia vita non sarà la morte, ma la vita.

5.Apritemi le porte della giustizia: vi entrerò per ringraziare il Signore.
È questa la porta del Signore: per essa entrano i giusti.

Ora il salmista arriva alla porta del tempio per trasformare la sua esperienza di liberazione in liturgia di ringraziamento. Una specie di dialogo tra il salmista che sta per entrare e i sacerdoti che dall’interno rispondono che se vuole entrare a rendere grazie al Signore è richiesto anche il corrispettivo atteggiamento (porta della giustizia … per essa entrano i giusti).

6.Ti rendo grazie, perché mi hai risposto, perché sei stato la mia salvezza.

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Ecco la preghiera di lode, non più raccontata ad altri come in precedenza, ma ora rivolta direttamente al Signore: “tu mi hai risposto, tu sei stato la mia salvezza”. Prima si raccontava, ora si prega, si dà del tu al Signore, cioè ci si pone davanti a lui in un rapporto di dialogo. Ecco la preghiera. Qual è stata l’azione del Signore, la meraviglia da lui operata, il giorno del suo agire?  E’ stato il capovolgimento radicale da lui operato: la ‘Pietra scartata’, che valeva niente ora è divenuta “Pietra d’angolo”, quella che dà unità e coesione a tutto l’edificio. Cioè quello che sembrava valere niente, il Signore lo ha valorizzato in un modo sorprendente. Tutti i giorni sono fatti dal Signore, dal primo giorno della creazione all’ultimo, in tutti Egli opera, ma il giorno di Pasqua è di una pienezza unica per quanto il Signore si è dimostrato grande e buono: ha capovolto le sorti nella Risurrezione di Cristo, ponendolo a fondamento del nuovo popolo dei salvati, lui che era stato rigettato, ucciso e sepolto.

7.Ti preghiamo, Signore: dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Vi benediciamo dalla casa del Signore. Il Signore è Dio, egli ci illumina.

Formate il corteo con rami frondosi fino agli angoli dell’altare.

Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto.

Ora si passa a nuova invocazione. Ogni esperienza di salvezza è preparazione ad un’altra salvezza futura, più piena e completa per quello che ancora speriamo. In mezzo alle tribolazioni continuiamo a supplicare, trasformiamo l’angoscia in preghiera fiduciosa. L’espressione ‘dona salvezza’ in ebraico suona ‘osanna’! Dunque ancora ‘Dona salvezza e vittoria’!

A questo punto la processione del popolo, che entra a ringraziare, con davanti il salmista graziato viene accolta dai sacerdoti che benedicono lui e tutta l’assemblea: Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla casa del Signore, dal tempio, in cui i sacerdoti abitano e da dove pronunciano la benedizione. Come in Nm 6, 24-25), Dio, il Signore, faccia risplendere su di noi il suo volto, si manifesti ancora come salvatore. Il corteo entra e il protagonista pronuncia la sua professione di fede e il suo ringraziamento: “Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie, sei il mio Dio e ti esalto”. È una professione di fede semplice riassunta in due parole ‘mio Dio’, non solo ‘Dio è Dio’, ‘Dio è il mio Dio’.

8.Rendete grazie al Signore, perché è buono, perché il suo amore è per sempre.

L’ultimo versetto è uguale all’invito e motivazione iniziale rivolta a tutti: Ringraziare il Signore per la sua bontà e il suo amore eterno. Amen. Preghiamo questo salmo nel tempo pasquale che stiamo vivendo. Vi leggiamo anche la nostra situazione generale e personale di pericolo, accerchiati da questa pandemia che ci minaccia, ci rinchiude e ci impedisce di ‘entrare insieme nel tempio del Signore’ a lodarlo e ringraziarlo per il mistero della pasqua di Cristo e nostra. Lo preghiamo perché ben presto il Signore ci liberi anche da questo pericolo e possiamo entrare insieme con gioia alla Casa del Signore. Buona Pasqua!